mercoledì 4 luglio 2012

IL PRINCIPIO DI PETER

Care amiche e cari amici,


ancora una volta il Caffè Letterario è pronto per la pubblicazione di un nuovo saggio inviatoci da Lupo di Talos, che fa di ogni articolo la pedina di un puzzle che alla fine, se interpreto bene le sue idee, formerà "una bandiera", ben piantata nelle coscienze di noi Italiani. 
La Bandiera è quella della moralità e del "merito", in ogni ambito della vita della nostra Nazione.  
Il pezzo che vi ripropongo insieme all'amico, è datato, ma.....; 
...ma, forse è meglio lasciare la parola al nostro amico:

"Buona sera, come sai, io sono uno che scava nei libri; mi sono imbattuto in questo che, a mio giudizio, merita attenzione perché riconosco in questo scritto molte similitudini italiane."


Saggio:

Ovvero familismo e clientele nell’era postindustriale.

"Esiste un diffuso sistema di carrierismo dove le “conoscenze giuste” hanno la meglio su professionalità e merito. Siamo tornati senza vergogna all'affidamento ai famigli e ai 'fidi' degli incarichi apicali, in quanto l'obbiettivo è quello di fare o restituire favori. Si riaffaccia così il concetto borbonico di res publica a valore zero spaccato e della sfera familiare e di clan a valore assoluto. Il familismo amorale trionfa generando addirittura imbecille ammirazione.
Nel nord Europa, negli Stati Uniti e, recentemente, anche in Italia sono molti gli studiosi che si sono occupati di questioni connesse alla qualità dei Servizi e delle problematiche legate all'out-come aziendale, pubblico e privato. Molte delle dinamiche che spesso riteniamo scontate in quanto “insite nell'ordine delle cose di questo mondo", in realtà sono spesso frutto di pregiudizi sull'immodificabilità dei comportamenti e causa del basso profilo che troppo spesso incontriamo nell'offerta di servizi, pur ad alto costo per la collettività.
Fra i molti postulati utili a definire questo concetto, ho scelto Il Principio di Peter (dello psicologo canadese Laurence J. Peter che, assieme a Raymond Hull, formulava in chiave satirica il meccanismo della carriera aziendale), perché ben si presta alla semplificazione di studi complessi.
Un individuo inserito in una scala gerarchica inizia l’attività con un ruolo preciso, svolgendo compiti precisi.
Se svolge bene i suoi compiti viene “promosso”, passando a compiti diversi. Dopo un certo tempo, se anche questi nuovi compiti vengono svolti bene, scatta una nuova promozione. Tali promozioni portano a posizioni dette apicali che, per definizione, devono essere occupate da persone con una spiccata attitudine a risolvere problemi.
Il gioco delle promozioni continuerà così fino al momento in cui l’individuo non sarà più in grado di svolgere i compiti assegnatigli. Da quel punto in avanti non avrà più promozioni. Ha raggiunto il massimo della sua carriera. Per cui ecco il principio: In ogni gerarchia, un dipendente tende a salire fino al proprio livello di incompetenza. Da questo principio discende che ogni posto chiave tende potenzialmente ad essere occupato da un incompetente, un soggetto cioè in grado di creare più problemi di quanti possa risolverne. Il che spiega molte cose sul funzionamento di parecchie istituzioni.
Le società anglosassoni, che pur hanno studiato questi fenomeni assai prima di noi, sembrano impigliate in questo meccanismo in misura meno drammatica, probabilmente a causa della maggior diffusione del pragmatismo della dottrina protestante che, come sappiamo, è libera da sentimentalismi ed assai più rigida nelle questioni di principio. Molto difficile che il Direttore delle Acque del Tamigi, che ha la responsabilità della navigabilità di questo fiume, sia un manager di provenienza politica piuttosto che tecnica, oppure addirittura un manager privato assunto a suon di milioni di euro dallo Stato per amministrare, senza rischi, i soldi dello Stato stesso, o, peggio ancora, un capitalista senza capitali che privatizzi gli utili e pubblicizzi le perdite. Il messaggio sotteso al principio in oggetto, anche in Italia, cominciava finalmente ad essere recepito e nell'affidamento di incarichi apicali emergeva la tendenza di confidare non tanto sulle persone brave e/o brave-persone, quanto su persone qualificate nello specifico compito di risolvere problemi e conseguire obiettivi. Purtroppo è nostra abitudine importare dai Paesi avanzati gli scatoloni (legge sulla privacy, management aziendale, controlli istituzionali, ecc...) per poi riempirli dei soliti contenuti di cui siamo Maestri nel mondo. Siamo infatti tornati senza vergogna all'affidamento ai famigli e ai 'fidi' degli incarichi apicali, in quanto l'obbiettivo è quello di fare o restituire favori, cioè stipendi da nababbi a spese del contribuente o persone debitrici al posto giusto, non certo per far funzionare l'azienda pubblica affidata. Si riaffaccia insomma il concetto borbonico di res publica a valore zero spaccato e della sfera familiare e di clan a valore assoluto.
Ovviamente nella categoria delle persone-brave e/o brave-persone possiamo includere anche le persone brave nel farsi raccomandare. Questa pratica non è certo solo italiana, quello che però ci distingue è la curiosa attitudine a vantarcene piuttosto che a vergognarcene; in genere siamo infatti disponibili a concedere ammirazione ad un individuo solo per le sue reali o supposte conoscenze importanti. Tale ammirazione trascende le reali competenze del soggetto e le sue effettive capacità nel dare soluzioni ai problemi.
In definitiva, se da una parte è indubbiamente premiante promuovere Capostazione un bravo Macchinista, oppure Direttore Sanitario un bravo Primario, o Ministro della Repubblica una bella ballerina, dall'altra, come ha cercato di spiegarci Peter, non è sempre detto che questo consolidato modo di operare faccia gli effettivi interessi delle rispettive aziende e degli utenti che vi afferiscono."
Carlo Anibaldi

con l'affetto e la stima di sempre

LUPODITALOS

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