lunedì 28 novembre 2011

L'ARTE DELLA POLITICA

Care amiche e cari amici,

bevendo una tazza di caffè fumante, carico e bollente, di solito, il nostro corpo acquista tono; se poi, per un lasso di tempo,  riusciamo ad astrarci dalla realtà e, per di più, veniamo investiti dal profumo di una rosa, la nostra mente forse riesce ad assaporare appieno la  gioia di vivere. Capisco che non è facile, ma nel nostro caffè da Graziella tutto può accadere,  grazie al calore della nostra amicizia. Questo  ci permette di discutere, sempre alla nostra maniera, di argomenti che sembrano ostici e, apparentemente, al di fuori della nostra sfera quotidiana. Qui, anche argomenti di tal fatta,  cerchiamo di renderli  facili, per cui riusciamo anche a trattarli, in particolare quelli che direttamente o indirettamente incidono sul nostro modo di pensare e di vivere.
L'incipit alla nostra conversazione potrebbe venire da una frase che ho letto nel web e che mi ha particolarmente colpito:

La politica è l'arte di far coesistere il desiderabile con il realizzabile.
La democrazia serve  a stabilire cosa è desiderabile, non cosa è realizzabile.

Questa frase è la sintesi di quello che abbiamo detto tante volte in altri post, quando abbiamo discusso sul fatto che i bisogni di una società, in continuo divenire, devono essere raccolti da persone capaci, da politici preparati, per essere soddisfatti in maniera ottimale, mediando, cioè,  tra le diverse idee, anche contrapposte,  che animano la stessa società.
Nel corso  della storia grandi pensatori hanno dato diverse definizioni della politica.
Dalla sua prima accezione del termine, "polis", che significava "amministrazione per il bene pubblico di un determinato spazio al quale tutti i cittadini partecipavano," siamo arrivati alla definizione di Giovanni Sartori  che definisce la politica "come la sfera delle decisioni collettive sovrane."
La politica, quindi, riguardando tutti i cittadini, facenti parte di una società, anche se non operanti nelle strutture deputate a determinarla,   è
"l'occuparsi di come viene gestito lo Stato o le sue sub strutture territoriali".
Anche chi protesta contro i provvedimenti del governo fa quindi politica, anche se diverse persone, in perfetta malafede, definisce tale azione "l'antipolitica".
L'antipolitica, invece, è proprio quella che attuano coloro che hanno una visione delle nostre Istituzioni intese come luoghi, esclusivamente burocratici, che servono per supportare, per ratificare e rendere esecutive solo le decisioni prese dal Leader di turno.
In questa visione, è ovvio,  non vi sarebbe spazio per controlli, per critiche o peggio per proteste.
Questo rappresenta un altro modo di vedere la politica, alla Max Weber, il quale affermava:

"La politica non è che aspirazione al potere e monopolio legittimo dell'uso della forza".

Con questa visione, dunque, la politica, intesa come l'attività di un Leader o di un gruppo forte di potere, non è fare il bene comune dei cittadini, ma fare solo affari per sè e per la sua "Corte dei miracoli" composta da grassatori, nani, faccendieri, ruffiani, saltimbanchi e ladri.

E', proprio questa, la sensazione, spiacevole, che abbiamo da venti anni a questa parte! Infatti è avvenuto, a mio giudizio, che:

La politica, in questi ultimi anni, è stato il fine ultimo per controllare la distribuzione delle risorse mobili ed immobili, attuato mediante la conquista e il mantenimento del potere.

Nelle nostre scuole, non so se esiste ancora la materia, Educazione Civica, che dovrebbe essere una delle più importanti, in quanto, lo abbiamo sempre detto, dalle scuole stesse dovrebbero uscire  "cittadini preparati", per poter dare il loro contributo allo sviluppo democratico, civile ed economico della nostra società, secondo le loro possibilità, come indica la nostra Costituzione. Nelle scuole si dovrebbe inculcare ai giovani quel messaggio profondo di libertà e democrazia che è insito nella nostra Costituzione.
La nostra Costituzione è solo da amare in quanto è frutto del rigetto di un passato tragico dittatoriale, di quando il potere fu affidato,  non in base razionale ma in base ad  una legittimazione carismatica di un individuo, Mussolini;  di quando, cioè, il popolo aveva riconosciuto in lui, virtù soprannaturali ( uomo del destino, capace, instancabile, fisicamente e sessualmente forte, tuttologo, etc.,) che, però, in realtà questi non aveva.
Questo, comunque, è stato e sarà sempre l'inganno di ogni dittatura!
Il dittatore non ha mai bisogno di essere competente nè di avere un ceto di riferimento che lo appoggi.
Quando ci si avvia alla dittatura, infatti, il popolo, dominato, sceglie il suo dominante sulla base di qualità o di virtù, non reali, solo apparenti ma propagandate con efficacia, e la sottomissione avviene in maniera emozionale e non, come detto sopra, in modo razionale. 
Mussolini e Hitler sono andati al potere tramite elezioni regolari!
Ovviamente, c'è anche il rovescio della medaglia in questo modo di fare , infatti, il dittatore, quando queste virtù, presentate alla maniera di un mago "illusionista", non  vengono più percepite dal popolo, rischia inevitabilmente la caduta.
Questa è una storia che, ogni tanto, si ripete, e si è ripetuta anche di recente, che ne dite?
Il 12 novembre scorso, abbiamo assistito a scene che non definirei proprio espressione di democrazia.
Un gruppo festeggiava la caduta, mentre un altro gruppo, inneggiava al Leader che si allontanava.
Questa non è Politica democratica, ma è pura partigianeria, fatta cioè, di appartenenza cieca e di contrapposizione anche violenta.
Abbiamo visto che una parte, infatti, proferiva parolacce  ed insulti verso gli ex governanti, e quest'ultimi o alzavano il dito medio o spernacchiavano la folla, esprimendo un livore fuori posto.
Uno spettacolo che non avremmo mai voluto vedere, anche  perchè il governo lo abbiamo eletto noi, avendolo dotato di una maggioranza di eletti.
Il giubilo per la sua caduta, per altro determinata non da noi o dalla opposizione, ma piuttosto dalla pressione dei mercati e delle banche, rivela che la Politica ha fallito, per cui tali  manifestazioni appaiono solo come espressione di impotenza  per non aver potuto cambiare subito, con metodi democratici, un governo fondato su un disastroso conflitto di interessi, dimostratosi, per di più, inadeguato alle situazioni di crisi mondiale, lontano dal paese reale e moralmente riprovevole.
Non avrei voluto, però, neanche vedere quei giovani inneggiare ad una persona, ad un Capo carismatico, che, come normalmente avviene in democrazia, si era semplicemente dimesso e, per di più, per validi motivi.
Nè l'uno nè l'altro atteggiamento sono  la rappresentazione di una normale dialettica politica, basata sull'alternanza, piuttosto evidenziano esclusivamente la fine, per fortuna non cruenta, di un "regime". Eppure siamo in democrazia!
L'arte della Politica vuol dire, invece, 
"scegliere la persona giusta al momento giusto e mandare via quella inefficiente",
senza che , per questo, si inneschino azioni partigiane di disappunto o di sostegno.
In tempi passati della nostra Repubblica, questo non è mai accaduto!
La vera forza della Politica risiede nel fatto che essa sia in grado di scegliere il governo giusto ed eventualmente possa cambiarlo qualora quest'ultimo si dimostri inefficace al momento contingente.
E' con questo spirito che i nostri Padri Costituenti hanno scritto la Costituzione, per far sì, cioè, che la Politica, una volta legittimata, rimanga sovrana nelle sue scelte, e se ne assuma, però,  tutte le responsabilità davanti al popolo.
Solo con questo meccanismo, la Politica, può garantire il mantenimento della Democrazia, anche se delegata, nel Paese.
Evidentemente in questi ultimi tempi qualcosa è cambiato nel rapporto Politica- Democrazia!

Ma di questo parleremo nel prossimo post : Politica e Democrazia.


Un abbraccio

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