domenica 29 aprile 2012

Adenauer, De Gasperi, Schumann: tre rivoluzionari tranquilli.

Sembra la trama di un romanzo, ancora oggi in fase di scrittura. 
Il nostro racconto ha inizio nell'immediato dopoguerra, quando l'Europa era, ormai, ridotta ad un cumulo di macerie materiali e morali, i "fascismi" erano ancora nelle menti e anche nel cuore di gran parte delle popolazioni europee e, all'orizzonte, la tempesta sembrava riattivarsi per lo scontro ideologico e di contrapposizione militare tra due potenze egemoni: l'URSS e gli USA, avendo come campo di azione, sempre, il territorio europeo, spartito a metà.
Mi piace immaginare che tre persone, cariche di responsabilità, alla luce fioca dei loro abatjour, sedessero alla scrivania riflettendo sulla situazione e sulle possibilità di uscirne. Immagino anche che il loro primo pensiero sia stato quello di far in modo che, per il futuro, simili tragedie, costate milioni di morti, non si dovessero mai più ripetere.
Ma che fare?
Forse avevano sott'occhio il manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli ma, da cattolici, anche le parole di don Sturzo che scriveva alla fine della prima guerra mondiale:
«.....V’è nell’uomo una tendenza naturale a estendere le sue formazioni sociali sino a comprendervi sempre più persone e comunità possibili. ..... Ogni forma più ampia supera, in quanto abbraccia e comprende, ma non elimina le forme precedenti. L’animo umano non si appaga del finito e si protende verso realizzazioni sempre più vaste. E la «trascendenza» è appunto il continuo superamento dei limiti di uno stadio sociale per raggiungerne un altro più ricco e universale.”
In quei momenti, immagino, che tutti e tre i nostri statisti vedessero chiaramente i limiti dello Stato nazionale e capissero, quindi, la necessità di superarlo per costruire in Europa un sistema di potere sovranazionale.
Mi piace, anche,  immaginare che, da grandi statisti, ognuno di loro, prima di incontrarsi, abbia pensato:
Come fare?
Immagino, concepissero, da uomini del loro tempo, con i piedi ben saldi per terra, che la costruzione europea sarebbe dovuta avvenire, pian piano, nel tempo, indotta dalle sempre più strette relazioni fra i popoli del nostro continente, e non pilotata o imposta dall'alto.
Il loro progetto, infatti, mirò, sin dal primo momento, più a far durare lo Stato nazionale su nuove basi che ad eliminarlo. Del resto non dimentichiamoci che i popoli e gran parte delle loro organizzazioni politiche erano ancora influenzati, ideologicamente, dall'autoritarismo di destra, che come un cancro si era sparso, in forma di metastasi, per tutto il corpo dell'Europa. Ora, per di più, un autoritarismo, di sinistra, ancora più spietato, incombeva, in quel momento, in Europa: il comunismo, nella sua applicazione più aberrante, denominata: "socialismo reale".
Inoltre la nuova democrazia, base dell'ordinamento degli stati, era una forma di governo ancora incompresa per molti popoli.
La visione dei padri fondatori, per questo, concretizzò l'idea che, trasferire alcune competenze tecniche ad un'autorità sovranazionale, potesse, intanto, permettere ai nuovi governi democratici di concentrarsi, soprattutto, nel consolidamento della loro autorità indebolita a causa delle devastazioni della guerra.
Il nuovo ordine europeo, da costruire, pensarono, non dovesse essere tale da toccare la vera sovranità degli Stati, ma, piuttosto, dovesse essere capace di facilitare, da subito, quella ripresa economica che, da sola, avrebbe ridato, alle popolazioni, fiducia nelle autorità nazionali. Intuirono, infatti, che i popoli, pur percependo le contraddizioni degli Stati nazionali, ancora non vedevano una via alternativa da percorrere.
Inoltre, i nostri statisti, dovettero affrontare una nuova sfida: la questione della difesa della sicurezza dei piccoli Stati, dinanzi alla nuova minaccia sovietica.
Le guerre mondiali, del resto, avevano dimostrato, una volta per tutte, che le alleanze non bastavano a garantirla. Fu allora che, forse, in essi, si consolidò l'idea che la prima via che offriva immediate prospettive di un radicale cambiamento, nella continuità, fosse quella: dell'integrazione economica.
Lo aveva, infatti, per primo, capito Schuman con il suo progetto di condivisione franco-tedesca delle risorse minerarie e industriali del bacino della Ruhr-Saar. 
Lo aveva ben visto Paul-Henri Spaak quando già nel 1941 dichiarava: "la formula della solidarietà in guerra e dell’isolamento in pace non ha futuro".
Nel 1951 ancora Schuman definiva la divisione dell'Europa in tanti piccoli Stati "un anacronismo, un'assurdità, un'eresia".
Il magnifico quadro, dipinto dai nostri padri europei, illustra l'evoluzione e, quindi, la costruzione europea come quello di un approdo verso una rappresentanza eletta democraticamente e non costruita in maniera autoritaria. 
Avevano ben compreso, infatti, che la costruzione europea era necessario maturasse nelle coscienze degli europei e divenisse, da sé, ineluttabile. 
Tale concezione, che, oggi, potrebbe apparire eccessivamente prudente, aveva, invece, una grande lungimiranza: dava tempo alla società europea di crescere insieme con le sue istituzioni.
I nostri padri fondatori, inoltre, per armonizzare le politiche nazionali con quelle internazionali, appartenendo a movimenti di ispirazione cristiana, portarono i cristiano-democratici in politica e fecero, di un'opinione prima informe e frammentaria, una delle forze partitiche di maggiore continuità e forza in tutti i nostri paesi.
La loro rivoluzione politica ed economica si concretizzò in un confronto aperto con le forze socialiste, anche se furono osteggiati dai vertici dei loro stessi partiti che preferivano restare prudentemente legati alle sfere delle gerarchie ecclesiastiche. Questo significò, però, che i movimenti cristiano-sociali fecero sì che molta sinistra europea si staccasse dalla radicale sudditanza con l'ideologia sovietica. 
Il dialogo fra cristiani e socialisti, nella società europea, permise, inoltre, lo sviluppo di quei sistemi di sicurezza sociale (welfare) che, se, da un lato, hanno offerto sostegno alla ripresa economica dell'Europa, dall'altro hanno dato nuova legittimità agli Stati nazionali.
I nostri padri fondatori intuirono, anche, che alla società europea non sarebbe bastata, a lungo andare, la  sola prosperità economica; serviva, anche, una spinta ideale e un orizzonte più lontano cui mirare. L'abbattimento dei regimi nazionalisti che avevano portato alla sciagura della guerra, aveva lasciato, infatti, un vuoto politico nell'opinione europea. Le vecchie generazioni, cresciute nell'esaltazione dell'appartenenza nazionale e addestrate a valori di grandezza e di conquista,  sembravano orfane dei loro ideali patriottici. Gli europei dovevano, perciò, essere rieducati non solo ad una nuova appartenenza, quella democratica, ma anche a  sentirsi parte di un progetto che superasse i vecchi Stati nazionali. 
Adenauer lo aveva visto bene, quando affermò: "la gente ha bisogno di un'ideologia e questa può solo essere europea."
La progressiva evoluzione di un progetto di integrazione che, fondandosi, dapprima, su basi economiche, portasse, poi, verso una vera e propria unione politica era, quindi, già nel DNA "dell'invenzione" dei padri fondatori, ma era, volutamente, programmata per emergere solo nel tempo. I nostri padri fondatori avevano capito, infatti, che la maturazione verso una maggiore integrazione non era per niente scontata e, quindi,  andava acquisita per tappe.
Infatti, quando le prime istituzioni europee vennero, timidamente, fondate a Lussemburgo e a Bruxelles non si aveva ancora questa idea della unità politica
I padri fondatori ebbero proprio questa lucidità profetica: l'Unione politica europea doveva essere costruita sull'esistente e lo Stato nazionale doveva essere al centro di questa mutazione.
Provenendo da regioni di frontiera, spesso trascurate dai poteri centrali, Adenauer, Schuman e De Gasperi, ben sapevano, infatti, che ogni cambiamento politico, per di più, di tipo federalistico, doveva essere condiviso e che solo un processo democratico lento poteva garantire la solidità della costruzione europea.
La prospettiva federale veniva, infatti, concepita come il risultato di un graduale negoziato fra Stati nazionali la cui sovranità non doveva essere erosa. 
Scrive, a tal proposito, Schuman nel 1963: 
"I nostri Stati europei sono una realtà storica; sarebbe psicologicamente impossibile farli scomparire. In realtà la loro diversità è un pregio e noi non vogliamo cancellarli né renderli tutti uguali. In questo spirito, la politica europea non è assolutamente in contraddizione con l'ideale patriottico che nutre ognuno di noi".
Altiero Spinelli sottolineava che l'architettura europea doveva essere:
Il prodotto della tensione tra la visione radicale dei federalisti e l'approccio pragmatico degli uomini di Stato “.
"Senza questa tensione", diceva, "non si sarebbe ottenuto niente; la visione dei federalisti sarebbe rimasta una utopia e il pragmatismo, essenzialmente conservatore degli uomini di Stato, non avrebbe portato da nessuna parte “.
Adenauer, Schuman e De Gasperi, pur avendo una visione paternalistica dello Stato, avevano, quindi, ben chiara questa visione di Spinelli, ma avevano, anche, ben chiari i nuovi rapporti di forza emersi dalla guerra, per i quali l’Europa, se voleva uscire dalla tutela americana ed essere, altresì, in grado di fronteggiare il pericolo derivante dall'URSS, aveva, come unica via, quella dell’unione e dell'integrazione politica fra i popoli europei.
Una visione così complessa ed efficace, difficilmente potrà essere eguagliata nel futuro! 

Ora, in questo momento di grave crisi economica europea e mondiale, e di grande smarrimento, credo sia tempo di fare un bilancio di quanto è stato costruito a livello europeo e, nel contempo, individuare quale dovrà essere il ruolo degli Stati nazionali nelle future tappe dell'integrazione europea e quali azioni economiche e politiche nuove, si dovranno attuare per far maturare questa "Rivoluzione Tranquilla dei nostri padri fondatori" quella, cioè, della: nascita degli Stati Uniti di Europa, da loro preconizzata.



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2 commenti:

  1. Risposte
    1. buona sera come tu sai esiste un europa a 2 velocità che nello specifico non era nelle intenzioni dei padri fondatori
      secondo il mio modesto parere l'unione deve necessariamente dotarsi di un solo governo che spazi a 360 gradi
      deve essere l'europa dei popoli non dei banchieri una sola economia un solo potere giudiziario e la legge deve essere uguale x tutti
      senza escamotage che a noi italiani riescono bene io devo sentirmi greco o francese o italiano con lo stesso orgoglio
      regole certe x tutti un welfare unico basato sulle solidarieta e la crescita questo e il sogno utopistico di un europeista convinto come me
      fino ad allora l'europa sarà solo una chimera che il politico di turno sventolera per il suo squallido tornaconto personale a cui io non voglio partecipare
      questo e cio che penso .con affetto e stima di sempre LUPODITALOS

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