domenica 30 ottobre 2011

Democrazia secondo la Costituzione parte1°

Care amiche e cari amici, 

oggi sul tavolo spicca il colore rosso-bianco della rosa, simbolo di “Unità”, mentre nell’aria si effonde il profumo del caffè aromatizzato alla cannella e nocciola. Sorseggiatelo, è veramente delizioso!
Oggi il significato della rosa, cioè “l’Unità”, introduce il concetto base che permette ad un popolo di convivere felicemente e di salvaguardare gli strumenti che servono per esercitare la sua sovranità.
Dopo il commento che abbiamo fatto nel precedente post ,”Il lavoro in Italia”, nel quale abbiamo commentato il comma 1 dell’art. 1 della Costituzione, con questo post, commenteremo, ora, il secondo comma dello stesso art. 1 che recita: 

“La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.”

Fate attenzione alle parole forme“limiti”, sulle quali viene sviluppato il Post di oggi, il cui sottotitolo, infatti, è:

Limitazione del “Potere” della Maggioranza  Politica
(ovvero, può, la Maggioranza Politica, eletta, fare quello che vuole?) 

Non impauritevi, ricordatevi che non siamo in una aula universitaria, ma siamo in un caffè dove, si ragiona più col buonsenso e sulla base dell’esperienza vissuta e che si sta vivendo, piuttosto che su esposizione di principi filosofici astratti. Procederemo rispondendo a due domande:
  • La prima domanda che vogliamo porci è la seguente: “Questa è ancora una “democrazia normale, cioè costituzionale”? Non usiamo la parola “ democrazia compiuta” perché è una grande stupidaggine in quanto la democrazia è sempre in un continuo divenire, e non sarà mai compiuta.
  • La seconda domanda  a cui vogliamo rispondere , visto che la nostra è una “democrazia”, è  la seguente: “Il potere, oggi, è ancora totalmente del popolo, così come è previsto dalla nostra Costituzione?”
Questa prima parte del post risponderà alla prima domanda, la seconda parte , all’altra.

Sono passati tanti anni da quando i nostri Padri Costituenti hanno scritto i principi base della nostra convivenza, che sarebbero dovuti servire, anche, ad evitare possibili “derive autoritarie”. Infatti,
 il principio costituzionale più forte è quello di porre  dei  limiti al “Principio di Maggioranza Politica”.
I nostri Padri, infatti, hanno fatto in modo che il “Potere” della Maggioranza politica dovesse essere limitato e non potesse essere usato in maniera indiscriminata.

Per capire bene, però, facciamo un passo indietro e parliamo delle forme con cui il popolo esercita la sua Sovranità. La nostra democrazia, per Costituzione, assume la forma di  una “democrazia delegata”, per cui la “Sovranità”, citata nell’articolo della Costituzione, viene delegata dal popolo alla “Maggioranza politica”.
Ora chiediamoci, cosa è la “Maggioranza politica” che, per altro, costituisce, appunto, la fonte di legittimazione del potere politico?
Essa è solo una “convenzione”, infatti, tramite le leggi elettorali, diverse da paese a paese, al fine di garantire la governabilità, la “miglior minoranza numerica” viene trasformata “in maggioranza politica”, che andrà a governare.
Il principio è: 
Chi vince le elezioni, governa!
pur avendo, da solo o in coalizione, la maggioranza numerica  assoluta, anche di un solo voto!
Il “popolo” citato all’art. 1) diventa, quindi, la maggioranza degli eletti, che ne esercita la Sovranità, ma,  la sua azione , è soggetta ai limiti   imposti dalla Costituzione.

Ora vediamo quali sono i limiti imposti al principio di Maggioranza, previsti nella Costituzione.
Essi  sono, oggi, prevalentemente, costituiti:
  • dalla separazione netta dei Poteri ( legislativo, esecutivo, giudiziario),
  • da un nucleo di diritti fondamentali collocato fuori delle contese politiche, e che perciò «non può essere sottoposto al voto»,
  • da una Magistratura e da un Parlamento, indipendenti ,
  • dalle Corti costituzionali che sindacano sulla conformità delle leggi alla Costituzione.
Nel nostro ordinamento si aggiunge a tutto ciò la posizione del Presidente della Repubblica, anch’egli arbitro sottratto, nelle sue decisioni, al principio di maggioranza.
Si tratta di principi, diritti e istituzioni che integrano indissolubilmente la concezione della democrazia, limitando il potere della maggioranza che governa, per evitare possibili ed eventuali dittature.
In ogni caso, la nostra Costituzione stabilisce chiaramente che:
vi deve essere una effettiva responsabilità di chi governa rispetto al Parlamento, al quale deve obbligatoriamente far riferimento in ogni sua azione.
Il Governo, quindi, è in un certo senso, in subordine al Parlamento.

Inoltre, altro principio fondamentale del nostro “equilibrio” costituzionale è anche:
il rispetto reciproco fra le Istituzioni.
Purtroppo abbiamo visto diversi e reciproci attacchi tra di loro!

Tornando alla nostra prima domanda: “Siamo in una democrazia normale, cioè costituzionale”?
Come è sotto gli occhi di tutti, nella realtà e nella attuale vita politica quotidiana,
i limiti al principio di maggioranza, sono in via di totale stravolgimento,
per via di:
una interpretazione “populistica” del fondamento del potere politico e di una tendenza al presidenzialismo, senza controlli, della forma di governo.
Oggi, infatti, questa Maggioranza Politica, con l’inerzia o con la complicità dell’opposizione, sta orientando, ormai da alcuni anni, il nostro sistema politico verso una forma di “Presidenzialismo” “ad personam”, che vorrebbe concentrare, per di più senza vincoli, la maggior parte delle decisioni politiche nelle mani del Presidente del Consiglio, fondandolo essenzialmente:

  • sul principio maggioritario o sistema bipolare,
  • sull’indebolimento del Parlamento, del Consiglio dei Ministri, della Magistratura e delle funzioni del Capo dello Stato, 
  • sulla estromissione del popolo dalle scelte dei candidati  da mandare nelle Istituzioni,
  • sull’abolizione dei limiti costituzionali alla volontà della maggioranza “eletta dal popolo”. 
Con quest’ultimo punto, stanno , cioè, radicando l’idea:
“dell’assolutezza del principio della sovranità popolare”.
Questo significa che, secondo questo modo di intendere tale principio, non può essere imposta alcuna limitazione alla "volontà della maggioranza" che, di fatto, diventa uno strumento dittatoriale nelle mani del suo Capo.
Per esempio, sempre con questo ultimo punto è evidente che:
“sono considerate “illegittime interferenze”, le eventuali decisioni, particolarmente sgradite, che provengano da autorità diverse dalla Maggioranza, con la motivazione che nessuno, che non sia eletto dal popolo , può cancellare, opporsi o, persino, criticare  un provvedimento approvato da una maggioranza eletta dal popolo. “
Conseguenza di ciò è che, per esempio, né Il Presidente della Repubblica, né l’Opposizione, né la Magistratura, sia quella ordinaria sia quella della Corte Costituzionale, potrebbero, se fosse applicabile tale principio, non dico interferire o prendere iniziative, ma neanche criticare le decisioni assunte dalla maggioranza, pena di essere “accusati di sovversivismo”, anche quando, per assurdo, riguardino accuse penali e private contro il Presidente del Consiglio.
Purtroppo avete constatato voi stessi che, in diverse occasioni, deputati della maggioranza e lo stesso Premier hanno tacciato di sovversivismo la Opposizione, la Magistratura di Milano o chiunque dichiari questo Governo, inadeguato, invitandolo a dimettersi.
Anche il Capo dello Stato ha subito attacchi ingiustificati, in base a questa assurda  interpretazione “populistica” del fondamento del potere politico.
Però, per fortuna,
La Costituzione ancora non è stata modificata, anche se questa maggioranza si comporta come se già fosse avvenuta la trasformazione in tal senso.
Questo fatto è di una gravità incredibile in quanto, ribadisco, si vuole far passare l’idea che:
“ Il Principio di Maggioranza è l’unica fonte di legittimazione ed è privo di qualsiasi limite, o, meglio, l’azione di Governo non è assoggettabile ad alcuna limitazione”.
Secondo loro, basta vincere le elezioni, per fare quello che si vuole, nel senso che nessuno ha il diritto di sindacato, nemmeno il Presidente della Repubblica che nomina il Governo; meno che mai la Magistratura!
E’ semplicemente assurdo e incostituzionale!
Sindacare l’opera delle nostre Istituzioni, invece, è uno dei diritti-doveri del cittadino che le ha elette, così come vuole la Costituzione!
Comunque quanto detto, rappresenta solo la impostazione "filosofica", relativa "all’assolutezza del principio della sovranità popolare", a cui la Maggioranza si sta attenendo e da cui sono scaturite però delle loro azioni concrete che stanno scardinando la nostra Costituzione, senza, furbescamente, modificarla con l'iter normale, per non far capire le loro intenzioni al popolo.
Stanno, di fatto, rendendo  inefficace la nostra Costituzione!
Nel contempo, questi della Maggioranza, hanno iniziato in modo strisciante e silenzioso un cammino che loro stessi chiamano “verso il Presidenzialismo”, alla insegna dell’efficienza e della efficacia dell’azione di Governo e della necessità di assicurare, in assoluto, la Governabilità , ma che nasconde “voglie” di altro tipo, come vedremo nella seconda parte di questo post.

In attesa di incontrarci di nuovo, vi abbraccio.

martedì 25 ottobre 2011

Il mio quarto mese con gli amici del web! E con Massimo Ranieri!

Miei cari amici e mie care amiche ,
vi siete ricordati?
eccoci di nuovo insieme per festeggiare un altro complemese...fatto di amicizia, di caffè e di rose.
La nostra avventura continua piacevolmente e ci sta unendo con una amicizia sempre più crescente e stimolante.
I nostri scambi di opinione che animano il nostro "caffè da Graziella", mentre sorseggiamo il nostro caffè preferito, accarezzando i petali della nostra rosa profumata, ci uniscono sempre di più, perchè il bello del web è proprio questo, ci unisce tutti e ci fa stare bene insieme.
La libertà di espressione del web è meravigliosa e ci rende felici, e oggi, per essere ancora più felici, ascoltiamo un'altra canzone del nostro amato Massimo Ranieri, che abbiamo scelto ormai come ospite d'onore fisso per i nostri festeggiamenti mensili.."

Amici, preparatevi ad emozionarvi, perchè per voi c'è una sorpresa...
Andiamo a teatro! Anzi il teatro viene da noi e  ci godiamo uno spettacolo eccezionale,

                                             "A Rumba de Scugnizzi" 

con un Massimo Ranieri, meraviglioso, trascinante, travolgente..a cui mandiamo un abbraccio fortissimo

http://www.youtube.com/watch?v=nu7iwMlvYVg&feature=related
Bella vero, questa rumba de scugnizzi? Questa musica e la voce di Massimo, il ballo e tutto il resto, ci regalano  sensazioni veramente stupende..
Cosa dirgli per ringraziarlo?
Lo abbracciamo di nuovo e lo invitiamo a prendere un caffè da noi.

lunedì 24 ottobre 2011

Andare in pensione Sì o No?

Carissimi amici e carissime amiche,
è proprio bello rivedervi ogni volta, davvero, questi appuntamenti con voi sono ormai una dolce abitudine e il merito è tutto vostro, per l’amicizia che offrite, per le opinioni che scambiamo insieme e per la vostra presenza numerosa e puntuale.
Siete i benvenuti nel “caffè da Graziella”e lo capite dalla cura dei particolari, dal profumo accattivante del caffè, dalla dolce presenza di un fiore bellissimo, la rosa, che oggi è rossa, simbolo dell’amore.
Oggi sfogliando i giornali italiani ed esteri, è un gran parlare di nuovo delle pensioni, dell’innalzamento dell’età pensionabile.
Eh sì, anche i giornali esteri..Le Monde, aujourd'hui a dit que le gouvernement italien pressé par l'Europe, pense de nouveau à la réglementation des retraites..

Anch’io vorrei parlare con voi delle pensioni, ma da un altro punto di vista, da quello personale, umano che presenta molte problematiche, a mio avviso.
 "Andare in pensione Sì o No?"
Ma come si vive l’andare in pensione? Andare in pensione è davvero come morire? O è un riappropriarsi del proprio tempo libero, della propria vita, della propria libertà?
Sicuramente qualche giovane mi dirà che i giovani di oggi non avranno da preoccuparsi per questo problema, perché non avendo lavoro, per loro è già come essere in pensione..e si sentono poveri ed emarginati
E questo è pure vero…Se i vecchi continuano a lavorare  e non vanno mai in pensione, come faranno i giovani?
Però ora pensiamo a tutti quei lavoratori e lavoratrici che stanno seguendo con preoccupazione la politica di questi giorni e temono di dover andare in pensione a 67 anni.
Ecco vediamo se potrebbe essere un bene o è una tragedia comunque l’andare in pensione, al di là dell’età stabilita dalla legge e come affrontare questa tappa inevitabile della vita e superarla nel migliore dei modi.
Queste frasi: “Chi si ferma è perduto” o “Chi va in pensione è un uomo morto” sono vere?
Voi cosa ne pensate?
Sicuramente si possono fare tante cose, una volta in pensione, leggere quello che non si è potuto leggere prima, fare volontariato, iscriversi all’Università, studiare, tenere insomma in esercizio la mente e il corpo. Ma purtroppo c’è da dire anche, che la nostra società tende a concepire gli uomini in base alla loro funzione, per cui gli anziani in pensione si sentono svuotati di ogni funzione e il loro tempo libero è un ennesimo dramma..
E allora? Che concludiamo? Che risposta diamo alla domanda iniziale?
Aspetto le vostre opinioni a riguardo.
Io penso che bisogna liberarsi dal senso di andare a riposo e pensare molto e soprattutto pensare sempre al futuro.
E poi bisogna imparare a vivere il tempo libero e a godere del tempo libero, già quando si lavora.
Il tempo libero non è nemico del lavoro e non è nemico delle funzioni mentali, non addormenta e non atrofizza il cervello.
Cambiamo le nostre abitudini mentali e tutto sarà più facile e la pensione non farà più paura, a qualunque età andremo.

Un abbraccio

domenica 23 ottobre 2011

Ricetta di Andrea il Pescatore: Le seppie ripiene

Care amiche e cari amici,
era diverso tempo che non mi recavo al molo per incontrare il nostro amico Andrea, il Pescatore, così, l'altro giorno, mi sono decisa, mi sono vestita un po’ sportiva e mi sono recata al luogo dove di solito lo trovo, là dove ripara le reti per la pesca a strascico.
Non c'era, e così, non vi nascondo comunque di essermi preoccupata, mi sono recata al vicino bar chiedendo, per prima cosa, se gli fosse successo qualcosa. Ho ricevuto solo, per fortuna, risate dagli avventori, che mi confermavano, invece, della grande forma fisica del nostro Andrea e mi consigliavano di andare ad  un vicino capannone sportivo, sede della bocciofila locale, assicurandomi che l’avrai trovato sicuramente là.
E così è stato. L’ho visto subito, mentre era intento a rimproverare il suo compagno di giochi che non aveva "sbocciato" la palla dell'avversario, facendolo perdere. Per Andrea anche quello era un impegno che doveva essere svolto con molta determinazione e diligenza, per cui reagiva agli sbagli maldestri con passione. Comunque la partita era finita e aveva perso, per cui mugugnando, si dirigeva a riporre il set di gioco, ed allora mi ha intravista. Ha cambiato espressione, facendomi subito capire che la mia visita era, come, al solito, sempre gradita ed attesa. Mi ha abbracciata e, contrariamente al suo solito, ha iniziato una tiritera verso i giovani di oggi, accusandoli di non aver tempo di stare in cucina e mantenere le tradizioni culinarie di cui anche egli era possessore. Poi però, con tenerezza, li giustificava, dicendo che oggi per portare avanti una famiglia, anche con un solo figlio, non basta un solo stipendio ma è necessario l’impegno di tutti, mentre ai suoi tempi, anche con sette figli, si riusciva a tirare avanti lo stesso. Concludeva però che non si avevano le stesse esigenze dei giovani di oggi, che vivono magari meglio ma sicuramente sono più infelici.
Ormai il mio Andrea filosofeggiava sulla esistenza ed era inarrestabile, ma soprattutto si capiva che pensava alla sua giovinezza, periodo in cui si sentiva un giovane delfino che velocemente nuotava nel mare della vita lasciando, dietro di sé, scie iridescenti di spruzzi. Aggiunse alla fine, sospirando, "Bei tempi"!
Poi garbatamente, mi portò al vicino mercato del pesce e si avvicinò ad una donna che, sopra un carretto, esponeva una gerla di seppie dal colore vivido e cangiante. Mi disse che quelle erano le seppie ideali, fresche e né piccole e né grandi, per fare la ricetta che mi voleva insegnare perché la tramandassi. Si lamentava che oggi sul mercato fanno trovare quelle seppie enormi senza sapore e coriacee, perché provenienti dall'oceano. Le seppie del mediterraneo, diceva, erano ottime perché il nostro mare è ricco di nutrienti, molto più dell'oceano.
Poi mi fece vedere come si pulivano. Prese una seppia, estrasse un coltellino appuntito e tagliente e con quello tagliò il dorso del mollusco, per estrarne l'osso. Poi staccò la sacca dalla testa. Cercò i visceri e la vescichetta dell'inchiostro dal colore argenteo madreperlato e con attenzione, per non romperla, mise tutto da parte, aggiungendo che, con il nero di seppia, si facevano magnifici spaghetti piccanti di peperoncino. Infine eliminò, usando sempre il suo coltellino, gli occhi ed il becco corneo della testa.

Per la ricetta mi suggerì i seguenti ingredienti:
- seppie q.b.
- acciughe sotto sale
- capperi sotto sale
- spicchi di aglio
- pan grattato
- vino bianco secco di ottima qualità
- un mazzo di prezzemolo
- olio di oliva extra vergine
- peperoncino piccante
- sale, se serve

Dopo aver pulito le seppie, mi disse, si dissalano i capperi; si diliscano e si dissalano le acciughe.
In una ciotola, quindi, si mettono, capperi, le acciughe, aglio, prezzemolo, peperoncino, dopo averne fatto un trito sottile, quindi si aggiunge, a questo composto, il pan grattato e vi si uniscono anche i tentacoli di seppia, anche essi tritati finemente.
Si mescola, omogeneizzando, il composto.
Si aprono a libretto le seppie e vi si pone il giusto quantitativo del composto.
Poi mi diceva Andrea, che egli, di solito, prende un ago grosso, e un filo di cotone e cuce richiudendo gli orli delle seppie, racchiudendo, tutto attorno e molto stretto, il composto. Egli diceva che era una operazione delicata ma si poteva semplificare, però, usando gli stecchini, per ottenere lo stesso effetto di chiusura.
( Carissimi, mi sono cimentata in questa operazione e vi assicuro che la chiusura con il cotone da cucina mantiene più compatto il mollusco ripieno..)
Una volta terminata questa fase, in bel tegame di olio bisogna rosolare le seppie, girandole accuratamente ogni tanto. Infine si bagna con il vino bianco a fiamma viva, si aggiusta, se serve, con il sale, e si fa cuocere a fuoco lento, per quaranta minuti, il tutto.
Andrea alla fine ha aggiunto :"Buon Appetito"!
Una volta finita di descrivere la ricetta, dicendomi che non dava dosi, ma che esse dipendevano dal  quantitativo di seppie, per cui era la cuoca che bisognava si regolasse, mi salutò dicendomi che doveva correre dal piccolo di una sua vicina a cui si era affezionato e gli aveva promesso di regalargli un giocattolo.
Sparì, con passo veloce e deciso, alquanto insolito per la sua età.
Care amiche, che vi devo dire, a quanto pare anche Andrea è stato vinto da questo mondo consumistico.
Ecco per voi un ritratto che gli ho fatto..così potete conoscerlo.

Un abbraccio

venerdì 21 ottobre 2011

Viaggio in Abruzzo, Pretoro

Care amiche e cari amici,
sorseggiate con gusto il vostro caffè fumante e abbandonatevi al profumo della rosa fresca che il vostro “caffè da Graziella”, oggi vi offre. 
Oggi c’è anche un altro fiore, il Maggiociondolo, di colore giallo che viene scambiato fra i giovani abruzzesi, nella notte di calendimaggio, in cui si festeggia l’arrivo della primavera; esso rappresenta un pegno d’amore che viene appeso sulla porta della donna amata. Voglio farvi viaggiare nel tempo e nello spazio in un ambiente magico ed insieme mistico, in cui le tradizioni pagane e cristiane si fondono e diventano importanti in quanto rappresentano l’anima di un popolo, quello abruzzese, chiamato “ forte e gentile”, perché forgiato dalle sue “aspre” montagne e dalle sue “dolci” vallate degradanti  verso il mare.
Vi è mai capitato , d’estate, nel pieno del caos delle cosiddette attività vacanziere, di desiderare di allontanarvi  dagli stress derivanti da questo rito tipicamente ”consumistico” e desiderare, invece, di immergervi nella natura per cercare un ristoro per la mente, con storie che io definisco “storie dell’anima”, che parlino di ambiente, magari anche di duro lavoro quotidiano, di pericoli che da entrambi possono derivare e di esorcismi che il popolino, nella sua meravigliosa ingenuità, compiva in un lontano passato, e forse anche oggi, per sottrarsi al male?
Questo è il viaggio che vi propongo, facendovi visitare idealmente, come ho fatto io, un paesino arroccato, anzi direi abbarbicato sulle rocce della Maiella, considerata la montagna madre degli abruzzesi:

La Maiella Madre

Infatti, durante una escursione in montagna con amici, in Abruzzo, mi sono ritrovata in un paesino arroccato sulla roccia, Pretoro, “Pretorium” ( Luogo di passaggio) che mi ha subito affascinato, invogliandomi a passeggiare.  Vi sono arrivata al tramonto, in una magnifica giornata senza nuvole, con una luna già luminosa ed enorme, quasi la si potesse toccare.
Mi sono inerpicata, così, per le stradine e le innumerevoli gradinate di quel borgo medievale, tutte in salita, tortuose, respirando aria pura e godendo di un paesaggio mozzafiato, che, partendo dagli scoscesi dirupi, si perdeva lontano fino al mare Adriatico, ancora illuminato dagli ultimi raggi di sole.
Il cielo, poco dopo, diventando quasi una coperta nera  traforata,  sembrava facesse filtrare dai suoi piccoli buchi, le luci sfavillanti del creato: le stelle!
Ho dimenticato, allora, completamente, il caos della città ed i riti della cosiddetta “civiltà”, lasciandomi alle spalle la vita quotidiana e partecipando all’armonia della natura.
Ovviamente, come d’abitudine, mi sono recata nel solito “tempio dedicato alle storie”, cioè in un “caffè”, la cui terrazza invitava lo sguardo e lo spirito a perdersi nell’immensità dello spazio sottostante.
Il “caffè”, in certi posti, rappresenta una vera e propria “biblioteca”  in cui vengono depositate e tramandate, oralmente, le “storie” e le “tradizioni” locali.
La prima storia che mi hanno raccontato è quella legata alla montagna stessa, la Maiella, che è, da sempre, per gli abruzzesi, la montagna legata al concetto della magia e della maternità.
La chiamano, infatti,  “Maiella madre”! 
Con orgoglio, hanno aggiunto, che, forse, la sua conformazione così imponente ed impenetrabile ma, allo stesso tempo, così dolce e compatta, avendola difesa dagli attacchi dell’uomo, l’ha resa fino ai tempi recenti, quasi inviolabile, avvolgendo le sue vette di leggende e di miti.
Il suo nome, infatti, sembra derivare da quello della dea Maia, dea della fecondità e del risveglio naturale in primavera,  che stanca e con il cuore spezzato dal dolore si adagiò sulla montagna, dopo che il figlio Ermes, avuto da Giove, morì per una freccia che lo trafisse in battaglia. 
Maia, infatti, con il figlio ferito, era giunta sul monte, che allora si chiamava Paleno, per cercare delle erbe medicinali di cui era ricco il posto e che erano in grado di guarire il figlio, ma non le trovò perché coperte dalla neve. Ermes  fu sepolto sul Gran Sasso e, Maia, sul monte Paleno che da allora si chiamò Maiella. Ancora oggi, il sibilo del vento tra i rami, si crede sia il lamento di Maia che piange il suo amato figlio. Giove volle ricordare il giovane e sul monte vi fece nascere un albero dai fiori gialli e dorati dandogli nome di Majo, il Maggiociondolo. 
La Maiella è sempre stata una montagna sacra, sia per i pagani, ma anche per i cristiani i quali vi eressero diverse abbazie ed eremi; la Maiella e’ la montagna più fiorita d’Italia e per questo e’ chiamata “il regno dei fiori”.
La leggenda dice che la ricchissima flora magellana, con il tripudio dei fiori dai mille colori, rappresenti il prezioso "tesoro funebre" della diva Maia, tesoro richiamato, come mi hanno spiegato, anche in due versi della mitica leggenda:
“Un mesto corteo di fiori per Maia, salì a seppellirla in un’alta giogaia”.
Ma le leggende, i miti, le tradizioni, si sa, attengono all’anima di un popolo e sono strettamente legate al tipo di lavoro e al tipo di ambiente che questo popolo svolge e abita.
Riportando il racconto che mi hanno fatto:
“In quel tratto di montagna, sempre piena di boschi e di altopiani, l’attività economica prevalente è sempre stata la pastorizia e la lavorazione del legno, tradizione che ancora oggi, anche se in tono minore, rispetto al passato, viene ancora svolta.
Un tempo gli abitanti di Pretoro venivano chiamati “fusari”, perché il loro prodotto più importante, in legno, erano i “fusi”, strumenti che permettevano di filare a mano.
In quell’ambiente abbastanza isolato, nei tempi passati, la popolazione ha, da sempre, vissuto in simbiosi con la natura aspra e selvaggia che insieme è stata sì fonte di sopravvivenza ma anche di pericoli legati sia alla durezza degli inverni, sia all’aridità della terra sia alla convivenza forzata con animali, in particolare il lupo e il serpente. Da sempre l’uomo, pur affrontando i pericoli, ha cercato di esorcizzarli con riti magici o affidandosi ad entità deputate a tale scopo.
Per esempio gran parte della gente dell’Abruzzo aveva il culto dei rettili, pericolo reale nella loro vita quotidiana, ed onorava la Dea Angizia (dal latino angius= serpente) che le aveva insegnato l’uso dei veleni e contro veleni. Si narra che ella avesse dimorato in una grotta ai limiti del lago Fucino.
Nella realtà era stata, sicuramente, una donna forse più esperta di altre, che, praticando magia e medicina (due arti allora intrecciate tra di loro) fu, in seguito, mitizzata e innalzata al rango di Dea protettrice.
Col tempo, con l’evolversi delle culture e della religione, al posto della Dea Angizia il popolo pose San Domenico Abate, in onore del quale ancora oggi si celebra la festa dei “serpari” che viene celebrata a Cocullo, ma anche a Pretoro.
A Pretoro, in più, la storia di San Domenico e delle serpi si fonde anche con un altro episodio:
"il miracolo del Lupo". 
Meravigliosa è la sacra rappresentazione curata dal poeta Raffaele Fraticelli che ha esaltato la profonda religiosità cristiana del popolo abruzzese, ma ne ha anche evidenziato i retaggi del passato di origine pagana, simboleggiati dal “laccetto” in cotone bianco e rosso, che ogni “fusaro”, porta al polso per preservarsi dal morso degli animali rabbiosi e dei serpenti.
La leggenda narra di un bambino, figlio di due boscaioli, che viene rapito da un lupo, mentre i genitori sono nel bosco a far legna. San Domenico, conseguentemente ad un profondo atto di fede dei genitori, che, affranti, lo pregavano accoratamente, ammansisce il lupo facendo sì che il lupo stesso riporti vivo il piccino. L’intera azione si fonda sulla religiosità ingenua ed istintiva della gente di montagna, che ha sempre confidato nella Divina Provvidenza, in ogni istante della propria attività, e a cui si è sempre affidato  con fervida umiltà e totale fiducia.

Ecco per voi due belle immagini della Maiella :



Queste le leggende e le tradizioni, che spero abbiate gustato appieno, ma, ovviamente, a parte la grande ospitalità e disponibilità della gente del posto, senza la quale non avrei potuto raccontarvi queste storie, vi è un altro aspetto che mi ha affascinato a Pretoro, e cioè la sua gastronomia fatta di “piatti poveri” ma deliziosi, basati soprattutto su paste fatte in casa e carni di agnello cotte in vario modo ma soprattutto alla brace realizzata con legni profumati.
Come al solito non faccio recensioni dei locali, ma la sosta al ristorante “I Rintocchi”, così chiamato dai proprietari, grazie al suono della campana della vicina chiesa di San Nicola  che inesorabilmente ogni 15 minuti segna il passare del tempo con i suoi “rintocchi”,  ha concluso degnamente la mia serata di sogno e  di evasione. Caratteristica del locale è che è ricavato in una antica abitazione scavata nella roccia. Il suo giovane proprietario, Stefano, ragioniere fresco di diploma, prosegue con entusiasmo e attenzione la vecchia attività di famiglia, che affianca a quella di un negozio di articoli sportivi.
Ragazzo industrioso del Sud!