domenica 2 ottobre 2011

Budapest: I luoghi di culto (1° parte)

Budapest: I luoghi di culto (1° parte)

Care amiche e cari amici, come è nello spirito del "Caffè da Graziella, anche in viaggio, intendo far partecipi i miei lettori delle emozioni che hanno attraversato il "mio cuore e la mia mente" nel visitare alcuni luoghi simbolici, densi di significato per migliaia di persone che qui accorrono alla ricerca forse della verità o di una speranza di vita.

Cattedrale di Santo Stefano

 L'arrivo nella piazza della Cattedrale può avvenire da diversi accessi costituiti da strade snodantesi perpendicolarmente sia in senso longitudinale sia in senso trasversale. Sono arrivata in una giornata di settembre piena di sole in cui i raggi colpivano la facciata, la grande Cupola e le due torri laterali, esaltandone tutta la magnificenza. La chiesa, a croce greca ( con i quattro bracci uguali), dall'esterno, è la applicazione, accentuata in magnificenza, dei principi di base che hanno presieduto alla costruzione di ogni cattedrale o basilica importante nel diciannovesimo secolo. La Chiesa, infatti, è la "Casa del Signore", quindi deve stupire, intimidire, ma nello stesso tempo deve essere accogliente e deve essere un tramite per innalzare l'uomo ad una  spiritualità trascendente, l'unica che, secondo l'insegnamento cristiano, possa alleviarlo dalle ambasce quotidiane e dargli la speranza di una vita migliore sia terrena sia celeste. La grande gradinata esterna eleva il credente verso l'atrio di ingresso, proporzionalmente piccolo rispetto all'insieme, che contribuisce, però, per contrasto, alla espansione della sensorialità nell'attimo in cui si accede, da una delle tre gigantesche porte di ingresso, al corpo interno dell'edificio. La imponente Cupola, gli stucchi, gli arredi, le finiture magnifiche, i marmi, i fregi dorati, la grande  statua di Santo Stefano sull'altare, tutti insieme contribuiscono a creare un ambiente che riveli l'onnipotenza del Dio cristiano e soprattutto di una chiesa imperante.
Il giorno della visita, la cattedrale era gremita di fedeli che assistevano alla celebrazione della "Santa Messa", in un profluvio di incensi, in una magnificenza di apparati sacri e in una sequenza di gesti rituali esaltati da una colonna sonora continua di "Canti Gregoriani. Quella che appariva, quel giorno, davanti ai miei e agli occhi dei fedeli era proprio l'immagine di una "Chiesa Trionfante" e "libera" di esprimere la sua spiritualità ed il suo anelito verso il divino!
Eppure per quasi cinque decenni, dalla fine della seconda guerra mondiale alla caduta del muro di Berlino, questa era chiamata "la Chiesa del Silenzio", ridotta in quella condizione dal regime comunista, notoriamente ateo. Lo stato aveva espropriato ogni bene ecclesiastico, compresa la cattedrale, ed ogni forma di culto era proibita. I riti pertanto avvenivano in "silenzio" e in segreto, di qui la denominazione succitata di questo tipo di chiesa: "del silenzio". Al lato destro, entrando dalla porta centrale della Basilica, in un angolo buio si viene colpiti da una statua raffigurante il cardinale Jozsef Mindszenty.
Egli fu il paladino, il portavoce, il testimone, lo strenuo difensore di questa "Chiesa del Silenzio" e fu oppositore feroce del comunismo. Fu arrestato dai comunisti al potere nel 1944 con la accusa di "alto tradimento", fu rilasciato e poi di nuovo arrestato nel 1948, condannato a morte, ebbe la pena commutata in ergastolo. Gli fu estorta una confessione falsa dopo 39 giorni di torture, ma a fianco della firma sulla deposizione aggiunse C.F. ( Coactus feci, l'ho fatto costretto). Fu liberato nel 1956, durante la rivolta scoppiata contro l'U.R.S.S., rivolta che fu sedata nel sangue. Si rifugiò nell'Ambasciata Americana, dove rimase fino al 1973,  e divenne il simbolo di chi difende anche a costo della propria vita la propria convinzione. Comunque il cardinale fu scomodo anche per la sua stessa Chiesa, specialmente quando quest'ultima cercò di dialogare con il comunismo, in una fase politica denominata "Ostpolitik". Il cardinale ungherese si oppose fermamente ed alla fine, per motivi diplomatici, gli furono revocati i titoli e fu costretto, per obbedienza, a lasciare il suolo ungherese per andare a Vienna dove morì. Questa la storia di uno strenuo difensore della propria libertà di opinione a cui non possiamo che inchinarci deferenti, quale simbolo di una "Chiesa Perseguitata", aggiungendo, però, che egli assurge a simbolo di "tutti i perseguitati" in ogni parte del mondo.
Qualcuno potrà giudicare strano la collocazione della sua statua in un angolo buio dell'ingresso centrale, lontano dalla magnificenza dell'apparato ecclesiale; qualcuno potrà vederci anche l'imbarazzo di una nomenclatura ecclesiale più portata alla diplomazia e che non amava e non ama tali personaggi, poco inclini ai compromessi; eppure io penso che quella sia, invece, la collocazione giusta della sua statua. Infatti al lato della porta centrale egli diventa una specie di guardiano contro l'oscurantismo e la prepotenza di chi vuole privare l'uomo del più inviolabile dei diritti:

LA LIBERTA' DI PENSIERO E DI ESPRESSIONE

Anche in questo periodo, in Italia, avremmo bisogno di un Cardinale Mindszenty per impedire, che vengano promulgate le cosiddette "Leggi Bavaglio", che sia la destra sia la sinistra vogliono.


   


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