giovedì 23 agosto 2012

REDDE RATIONEM!

Care amiche e cari amici,

dopo la fase delle analisi, è ora di fare alcune considerazioni rispetto a quanto accaduto in Italia dagli anni '70 ad oggi e di quanto Monti ha fatto finora.
Ovviamente le faremo davanti ad una buona tazza di caffè e davanti ad una rosa rosso sangue.
Abbiamo visto nei Post precedenti quali sono stati i problemi che hanno determinato la nostra crisi attuale, e chi li ha provocati.
Tali problemi ho cercato di spiegarli , in modo articolato, anche se inevitabilmente in modo lungo, al fine, però, di mantenere la necessaria unitarietà dell'analisi; tali problemi ci hanno portato a questo stato di cose drammatiche, dopo lo scatenarsi della crisi mondiale ed europea. 

Ora, con Monti, stiamo facendo i virtuosi ( parlo dei sacrifici del ceto medio basso e delle PMI), accettando di tutto, perché pensiamo che solo noi possiamo eliminare gli aspetti negativi in cui ci hanno portato Berlusconi, le Grandi Imprese, le Banche e la casta; purtroppo, stiamo facendo come Santa Chiara che mise le porte di ferro alla stalla dopo, però, che erano scappati i buoi, come già detto in un altro mio Post di pari titolo. 

Le crude cifre della mancata crescita, però, indicano che nei prossimi anni, nonostante  la nostra determinazione e i nostri sacrifici, senza l'aiuto di una Europa Politicamente Unita e Solidale, non saremo mai in grado di farcela da soli, se, per di più , fossimo ancora costretti a proseguire sulla strada imposta dalla Germania della Merkel che obbliga che: «ogni Paese deve pagarsi da solo il suo debito, in tempi strettissimi e senza una Banca Centralche lo sostenga». Su di noi incombono, infatti, a causa del «Fiscal Compact» e delle «necessità primarie» statali, manovre annuali obbligatorie da 110 miliardi di euro e, a causa della attuale crescita negativa della nostra economia, difficilmente riusciremo a farcela da soli. 
(Per inciso, questa infelice frase detta dalla Merkel, nel novembre 2008, durante una riunione a Parigi, dopo una tempestosa riunione con il FMI,  ha innescato la attuale crisi europea e ha avviato la speculazione sui debiti pubblici. Quando la disse, infatti, si era ben lontani dallo scatenarsi della crisi stessa che, appunto, si scatenò immediatamente dopo, perché i mercati cominciarono a guardare con diffidenza la solidità dell'Europa e dell'Euro, nel suo complesso e, soprattutto a guardare con preoccupazione la solvibilità dei Paesi con più alto Debito Pubblico. Quest'ultimi, diventavano, ai loro occhi, inaffidabili anche perché erano abbandonati a loro stessi, non potendo, essi, infatti, confidare in alcuna solidarietà o strumento di difesa europeo.)

Monti, il 10 agosto 2012, ha avvertito i Presidenti delle Camere che potrebbe essere necessaria una riapertura delle stesse per chiedere aiuto alla Europa. 

  • Se avverrà ciò, questo significherà che noi, Italia, dovremo cedere la nostra Sovranità in fatto di economia, e saremo COMMISSARIATI, perché dovremo sottostare ai famosi DIKTAT della TROIKA; 
  • se avverrà ciò, questo significherà,  che, da quel momento in poi, "LE FINANZIARIE STATALI" non le faremo più noi, ma l'Europa e i Paesi del Nord;
  • se avverrà ciò, questo significherà che dovremo "RINGRAZIARE" ancora di più (Si fa per dire!) i Governi di questi "ultimi 20 anni" (in particolare Berlusconi e Tremonti, Fini e Casini, appoggiati dalla Lega), che, invece di risolvere, hanno peggiorato il nostro Debito Pubblico (portandolo dal 100 al 120%) e non hanno varato una Politica Industriale efficace, facendo,così, diminuire drasticamente il PIL (da -04 a -2,5% su base annua 2011).
Per questo Monti sta cercando, disperatamente di spingere sull'acceleratore della solidarietà con gli altri Paesi europei e sul cambiamento dello Statuto della BCE, o quanto meno su una nuova strategia di intervento da parte della Banca stessa, in accordo con Draghi, che limiti, almeno, l'aumento dello Spread e quindi diminuisca gli interessi dovuti per rifinanziare il Debito Pubblico. Questo sta portando alla ribellione dei Paesi del Nord Europa che parlano di "italianizzazione, con Draghi, della BCE" e stanno pensando di fare una nuova moneta il  marco-fiorino abbandonando l'euro.
Non vi nascondo a questo punto il mio sgomento, di fronte al protervio atteggiamento dei Paesi del Nord Europa che, con il loro atteggiamento, appunto, forse voluto, stanno "desertificando industrialmente" il Sud Europa, per eliminare la concorrenza, depauperandolo delle risorse umane migliori che stanno emigrando verso di loro, a causa, anche, della cecità delle nostre politiche industriali. Evidentemente non credono più al mercato unico europeo e pensano di poter sopperire alla diminuzione delle esportazioni nella UE, cercando sia di distruggere il sistema industriale di altri paesi concorrenti come l'Italia, sia aumentando la loro penetrazione nei mercati in paesi come la Cina e i Paesi dell'est, forti della loro politica industriale basata sulla innovazione.
Credo che, forse, stiano facendo «i conti senza l'oste»anche perché  i Paesi succitati stanno innovando il loro sistema produttivo e quindi la faranno, in seguito, da padroni nel mercato mondiale!
Per rendere più completa questa nostra analisi articolata sulla crisi, penso  sia necessario chiarire, a grandi linee e, per il momento, senza alcun giudizio in merito,  il perché Monti abbia fatto:
  • il Decreto Salva Italia; (per bloccare la deriva pericolosa verso il baratro e limitare al massimo l'aumento del Debito Pubblico); 
  • Le Riforme strutturali sulle Pensioni, sulle liberalizzazioni, sulle semplificazioni, sulla riforma del Lavoro, sulla CIG; (per aumentare la produttività e cercare di eliminare le vecchie storture in ambito assunzioni e licenziamenti); 
  • La Spending review; (per diminuire il fabbisogno statale e gli sprechi); 
  • Il decreto anticorruzione; (per diminuire una piaga che vede l'Italia al primo posto in Europa); 
  • Ha reso più efficiente l'intervento del Fisco; 
  • Ha reintrodotto l'IMU; (per reperire risorse); 
  • Il Decreto sviluppo per cercare di di sburocratizzare il mondo della impresa e liberare capitali; 
Ora sta pensando, in attesa dei nuovi provvedimenti sullo sviluppo, alle dismissioni del Patrimonio pubblico, per poter rispettare gli obblighi del fiscal compact e del pareggio di bilancio, negli stretti anni programmati dalla famosa lettera di Tremonti che, sicuramente è l'ennesima e forse la più grande fregatura, per gli italiani, da parte del Governo Berlusconi. Infatti, ci costringerà a depauperarci del nostro patrimonio pubblico perché entrambi questi obblighi, deprimendo la domanda di beni e servizi, porteranno ad una "deflazione" fortissima in Italia e in tutta l'area euro, che inciderà, a sua volta, in modo ancor più drammatico sulla economia italiana ed europea. E' probabile che della dismissione ne approfitteranno, come al solito, gli sciacalli capitalisti che compreranno, a prezzi stracciati, i pezzi più pregiati della nostra ricchezza immobiliare pubblica. Viene da pensare, se non fosse che non lo ritengo così intelligente, che sia stato l'ennesimo favore che Berlusconi abbia fatto, prima di "far finta" di andare via, a sé stesso e ai suoi amici capitalisti, nel creare una ulteriore occasione di arricchimento a spese della povera gente. Ora, forse, questa azione Berlusconi la vuole veramente e la appoggerà indiscriminatamente!

SUBIREMO UNA VERA E PROPRIA ESECUZIONE IMMOBILIARE, CON RELATIVA ASTA ALL'INCANTO!
Queste azioni succitate di Monti, hanno risposto, comunque, alla necessità di voler affrontare e cercare di risolvere i problemi che hanno incalzato il Paese, evidenziati in questi miei due Post e fanno capire, anche, che, l'attuale Governo dei tecnici , uno straccio di analisi sulle cause della crisi Italiana almeno lo ha fatto, agendo, poi, di conseguenza. 
Berlusconi, invece, con il compare Bossi e con il terzo incomodo, Tremonti, come ebbi a dire nel mio post di ugual titolo, sono stati "Due Ciechi a fare a sassate", vista la loro incapacità addirittura anche a capire come muoversi. 
Ovviamente il mio non è affatto un giudizio positivo sull'azione di Monti, in quanto con i suoi decreti, in alcuni casi "rabberciati" (come il decreto sul lavoro), in altri casi "non risolutivi" e, comunque, in tutti i casi, improntati sulla "austerità" (teoria che deprime ancora di più l'economia), egli ha sempre, comunque, operato a sfavore del ceto medio basso e delle PMI, perpetuando, per esempio, la sperequativa politica dei redditi e dell'accumulo della ricchezza, esaltata dal Governo Berlusconi, dimenticando, volente o nolente, forse, una parola magica che aveva detto all'inizio del suo mandato e che aveva creato forti aspettative in tutti, la:
EQUITÀ'
Probabilmente, se proprio volessimo dargli, a tutti i costi, qualche attenuante, egli non ha rispettato quanto promesso, sia per la sua visione da grande Ragioniere proveniente dal mondo dell'Alta Finanza, e ancora appartenente ad essa, sia perché ancora oggi Berlusconi ne condiziona l'attività, come è evidente dal mancato avvio dell'asta sulle nuove frequenze (ex beauty contest, per i quali sono passati nove mesi dalla promessa di farla) e dal mancato avvio, in modo concreto, della digitalizzazione avanzata che danneggerebbe Mediaset. Oggi Monti ha detto che a settembre le avvierà. Speriamo!
Prova ne è di questo, che, non appena vi sono motivi di contrasto (Monti: "con Berlusconi, Spread a 1200"), il PDL fa mancare il voto durante le votazioni di alcuni emendamenti, come è accaduto in questi ultimi giorni, per far capire e ricordare a Monti e al Paese, CHI E' ANCORA OGGI IL PADRONE. 
Di qui la necessità da parte di Monti di porre, ogni volta, la TANTO VITUPERATA "FIDUCIA" sui vari decreti succitati  ( il PDL, in tutte queste occasioni, ha sempre protestato dimenticando che, con loro, "la fiducia" era  pratica normale di Governo, per salvare la legislatura) .

VI E' DA DIRE, INOLTRE, CHE QUELLI DEL "PDL", (UNITAMENTE AGLI ALTRI DELLA "AMMUCCHIATA"), QUEI DECRETI LI HANNO, PERFINO, MODIFICATI, CON EMENDAMENTI, E LI HANNO VOTATI, COMPATTI, DIVENTANDONE, PERCIÒ, 


CORRESPONSABILI A PIENO TITOLO!

LA LORO "QUOTIDIANA" FALSA PROPAGANDA, (tramite il "Giornale" e "Libero"), INVECE, ORA STA CERCANDO DI ADDOSSARE OGNI RESPONSABILITÀ  AL SOLO  MONTI, DICENDO CHE LORO, I DECRETI, LI AVREBBERO FATTI MEGLIO! (RIDICOLI!)! 
Il Governo Berlusconi, inequivocabilmente, sia con il mancato contrasto alla diminuzione del PIL, sia con una politica di guasti morali e sociali, e, soprattutto, con l'aumento del Debito Pubblico,  ha creato l'innesco esplosivo di una spirale che ha trascinato, in questi ultimi mesi, l'Italia sempre più nel Gorgo del fallimento. Se si pensa, poi, che, gli stessi personaggi che ci hanno portato al fallimento, stanno ancora al Potere e hanno l'idea di ripresentarsi alle prossime elezioni, c'è da pensare che vi è una aberrazione nel nostro Sistema Politico. Infatti esso fa comandare ancora le oligarchie partitiche che hanno provocato tale disastro, nonostante il giudizio altamente negativo della Opinione Pubblica, della quale, chiaramente, non hanno paura, forti come sono, del controllo dei media, con i quali fanno propaganda drogata.
Il titolo di questo Post  è ispirato dal Vangelo secondo Luca 16,2.
"L'evangelista racconta di un uomo ricco che aveva affidato la gestione dei propri beni ad un amministratore. Quando gli giungono all'orecchio voci di una allegra gestione del patrimonio affidatogli, lo chiama alla propria presenza e gli chiede conto del suo operato dicendo: "redde rationem villicationis tuae: iam enim non poteris villicare": rendimi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare."
Anche il Popolo italiano dovrà chiedere spiegazioni ai responsabili dei nostri attuali problemi, siano essi responsabili di impresa, siano essi responsabili Politici, se vorrà diventare un Popolo Civile e Democratico!

RICORDATEVI, perciò, di TUTTO QUESTO 

ALLE PROSSIME ELEZIONI E FATE IN MODO CHE, CON IL VOSTRO VOTO  PONDERATO, SI ARRIVI, FINALMENTE, AL BIBLICO
"REDDE RATIONEM"! 


anche se si stanno ripreparando per fregarci ancora una volta, con una nuova legge elettorale  (quella del PDL), ma di questo ne parleremo nel prossimo POST.

  
Un abbraccio

domenica 19 agosto 2012

I TANTI PERCHÉ DI UNA CRISI. QUESTI ULTIMI VENTI ANNI

Care amiche e cari amici,

proseguiamo la disamina, avviata l'altra volta, sui perché della nostra attuale crisi italiana. Il caffè e la rosa che vengono offerti, permettono di alleviare l'angoscia che, purtroppo, ogni tanto, ci attanaglia in un periodo così difficile. 

Parliamo, quindi, dei problemi che si sono abbattuti in Italia :
DAGLI ANNI 90' FINO ALL'AVVENTO DI MONTI:

I nostri problemi, infatti, in "questi ultimi 20 anni", (SEDICI ANNI sotto il governo Berlusconi), si sono ulteriormente ingigantiti per il fatto che l'Italia ha aumentato ancora di più  il debito pubblico e ha smesso di crescere in modo ancora più accentuato.

1) Il primo motivo a base della crisi, è derivato, in "questi ultimi 20 anni", da un «Sistema Paese» arretrato, che non si è evoluto e non si è adeguato alle esigenze della globalizzazione e dell'allargamento dei mercati,  a causa
  • dell'elevata pressione fiscale sul lavoro, 
  • dell'enorme debito pubblico che produce perdite per interessi necessari per il rifinanziamento, 
  • della politica che si è sempre ingerita, ma solo per fini di corruttela e non di sostegno, 
  • della estrema conflittualità sterile dei sindacati che sono rimasti ancorati "alla lotta di classe", alla tutela solo di quelli che il posto di lavoro ce l'hanno e non hanno sviluppato quella visione lungimirante di controllo e di sostegno ai piani industriali validi oppure di contrasto ai piani industriali di rapina e  inosservanti della tutela ambientale (caso ILVA di Taranto),  
  • della diffusa criminalità organizzata (che non solo colpisce principalmente le regioni del sud, ma che , in "questi ultimi venti anni", ha occupato, con i suoi capitali e con i suoi metodi, anche il nord italia). 
  • di una burocrazia asfissiante;
  • di una rete di lobby che controlla ogni ganglio della società e soprattutto della economia,
  • etc. 
Nessun Governo politico di "questi ultimi 20 anni" vi ha posto rimedio, anzi ha fatto, addirittura, incancrenire ancora di più questi mali antichi, aggravando, infatti, l'arretratezza del mezzogiorno e non bloccando lo strapotere economico e finanziario della criminalità organizzata. 
Si pensava solo a "tirare a campare", a "rubare" e, negli ultimi tempi, anche a fare festini con le "escort", perché, come diceva Berlusconi, egli faceva "il Premier a tempo perso"!

2) Il secondo motivo a base della crisi, è derivato dalla ancor più drastica diminuzione della crescita economica, diminuzione che è dipeso sia dai problemi inerenti la  "DOMANDA" sia da quelli inerenti la "OFFERTA".
Il sistema economico italiano ha, sicuramente, da sempre, sofferto di alcuni gravi problemi che ne hanno limitato la competitività e lo sviluppo, quindi la crescita economica, ma mai come in "questi ultimi 20 anni".
La Crescita economica è uno dei temi più dibattuti dagli economisti e sicuramente nessun paese ha scoperto l'elisir del benessere, però, nel caso italiano, alcuni problemi, analizzati e caratterizzati in negativo, raccolgono un consenso abbastanza ampio tra gli esperti.

2.A) Gli economisti che, sui perché della mancata crescita economica, si concentrano sul lato della "DOMANDA" di beni e servizi prodotti dalle imprese, richiamano alcune dinamiche comuni a diversi paesi, ma che nel nostro paese si sono manifestate in forme ancora più pronunciate, specialmente in "questi ultimi 20 anni"
Tra queste dinamiche, negative per la crescita economica:
  • 2A1) vi è stato l'ulteriore aumento delle diseguaglianze dei redditi e della ricchezza, provocate da una politica governativa sui redditi e sulla ricchezza, specialmente in "questi ultimi 20 anni" del Governo Berlusconi, tendente ad aumentare l'accumulo della ricchezza e dei redditi da lavoro sempre più in "quota a pochi individui". Inoltre, a livello fiscale, tale politica ha portato a far pagare, in proporzione, meno tasse ai ricchi e a giustificare, quasi a favorire, la evasione fiscale e l'illegalità. Esempi eclatanti sono stati i premi quali: lo «scudo fiscale», i «condoni» vari e uno scarso o nullo contrasto contro la evasione e la corruzione. Quando aumenta, infatti, la quota di reddito dei cittadini più ricchi, i consumi ristagnano e si aggravano specialmente in caso di ulteriore diminuzione dei redditi delle classi medio basse, perché generalmente quest'ultime consumano di più rispetto ai ricchi. 
  • 2A2) vi sono state in "questi ultimi 20 anni", sia la necessità di contenere la spesa pubblica per ridurre il debito, sia la politica della BCE di tenere l'euro forte. Insieme le due politiche hanno implicato, che ben poco sostegno alla domanda di beni e servizi venisse dallo Stato, perché i fondi,  di solito, dedicati a tale scopo, sono stati, invece, dirottati verso i due obiettivi dichiarati sopra. 
  • 2A3) vi è stata la globalizzazione e l'adesione al mercato unico europeo e alla conseguente moneta unica, che, in "questi ultimi 20 anni" hanno inasprito la concorrenza di giganti che prima erano tagliati fuori dal commercio internazionale, come ad esempio, durante la guerra fredda in cui il mondo era diviso in blocchi e, prima del mercato unico, in cui c'era il sistema di protezione dei dazi doganali. Questa nuova concorrenza ha implicato maggiori difficoltà per le nostre imprese e minore crescita delle esportazioni. Ed è nata anche la deleteria azione della "delocalizzazione" delle imprese in altri Paesi a basso reddito, con la conseguenza di depauperare, sempre di più, il tessuto industriale nazionale.
2B) Gli economisti che, sui perché della mancata crescita economica, guardano, invece, i fattori cosiddetti di "OFFERTA", cioè guardano le caratteristiche del sistema produttivo, si concentrano su altri fattori:
  • 2B1) Tra questi, il primo problema di "questi ultimi 20 anni", è l'aggravarsi ulteriore della bassa competitività delle nostre imprese, che, come abbiamo visto nell'altro Post, non hanno saputo innovare con tecnologie nella produzione e non hanno puntato su prodotti innovativi. Purtroppo tale situazione è proseguita ancora, fino ad oggi (è di oggi la notizia che la produzione industriale italiana è a -8.2, a fronte del -2.1 del resto dell'Europa, rispetto al 2011). Appare, quindi, alquanto strana, in questi giorni di allarme, da parte della BCE, di probabile "insolvenza" delle imprese italiane, la dichiarazione della Confindustria, rilasciata dopo l'approvazione del "Decreto Sviluppo", che recita così: "si ribadisce l’esigenza di intervenire con decisione e senza ritardo sui temi dell’innovazione e della ricerca, strategici per la crescita e la competitività delle imprese”. Sembra, quasi, che tale incombenza della innovazione debba riguardare solo lo Stato e non le imprese stesse. Lo Stato deve, sì, favorire con strumenti fiscali, con una minore burocrazia, con incentivi e con la ricerca nella Università, ma non può essere determinante. Innovare nella produzione e puntare su prodotti innovativi sono scelte tipicamente imprenditoriali, in base alla concorrenza nel mercato! E' di oggi l'appello della Fornero alle Imprese italiane:"Abbiamo risanato il Paese, ora tocca a voi! Investite per avviare la crescita!". (n.d.r. non definirei l'azione di Monti un vero e proprio risanamento quanto una vera e propria "punizione" al ceto medio basso e, in alcuni casi, alle piccole imprese, gli unici che veramente stanno risanando il paese con i loro sacrifici. Monti sta proteggendo i ricchi, Berlusconi, la Partitocrazia in generale e , soprattutto, le Grandi Imprese). Le grandi imprese italiane, infatti,  in "questi ultimi 20 anni", hanno continuato ad operare in settori tradizionali, fidando sempre e solo sul basso costo della forza lavoro grazie soprattutto alla deregulation sul lavoro e, da alcuni anni, alla "delocalizzazione"; settori tradizionali, dove massimamente si era concentrata, invece, la concorrenza dei paesi emergenti. Per di più, queste stesse Imprese erano grandi, ma non avevano le dimensioni spropositate delle grandi multinazionali straniere, per cui non sono state in grado né, forse, hanno voluto promuovere gli stessi necessari investimenti per la ricerca e innovazione, e magari, in alcuni casi, hanno preferito "Capitalizzare i propri profitti" ed usarli nella Finanza speculativa invece che nella economia di mercato, fidando, in caso di perdite, di continuare a socializzarle tramite la C.I.G., sempre a carico dello Stato. Inoltre la spina dorsale del Paese, cioè, le Piccole e Medie Imprese (PMI) sono entrate anche esse in crisi, non avendo la possibilità, per la loro stessa piccola costituzione e a causa dei profitti sempre più scarsi, di investire grossi capitali nella innovazione tecnologica di produzione o di prodotto. Né il sistema bancario ha dato loro una mano, in quanto, quest'ultimo ha preferito, anche esso, operare nel campo della finanza speculativa, più redditizia, piuttosto che investire nella economia reale, (è di oggi la dichiarazione di Mediobanca che a loro "non conviene più investire nella economia reale in quanto i profitti sono più bassi"), conscio del fatto che il Sistema Capitalistico, anche in caso di grosse perdite, avrebbe sempre impedito, in linea di principio, il fallimento delle banche, come sta facendo, infatti, la BCE. Questa è la storia che, ormai, negli ultimi anni, salvo qualche rara eccezione, si è ripetuta sistematicamente! A questa situazione imprenditoriale aggiungasi il fatto che, colpevolmente, in questo stesso periodo, il Governo Berlusconi ha tagliato, a causa dei cosiddetti tagli lineari di Tremonti, sempre più i contributi economici nel settore della ricerca, per cui l'Italia è, oggi, ai minimi storici per quanto riguarda il deposito dei brevetti. Col Governo Monti, se possibile, vi è stato un ulteriore peggioramento a causa dei tagli sulla Università e Ricerca derivati dalla spending review! 
  • 2B2) il secondo problema di "questi ultimi 20 anni", è che nel nostro paese, è, ancora oggi eccessiva l'inflazione, che, presa in valore assoluto in Europa, sembra tutto sommato contenuta intorno al 2,3% annui, ma in Italia è maggiore che negli altri paesi europei (3,3% annui) e quindi rende i nostri prodotti, ogni anno, un po' più cari per chi vuole comprarli dall'estero. 
  • 2B3) il terzo problema di "questi ultimi 20 anni", che diversi osservatori segnalano poi, a svantaggio della nostra economia, è la bolletta energetica, (è di ieri, la dichiarazione che la nostra è la bolletta  più cara   del mondo, unitamente alle tasse più alte del mondo; la Germania è messa meglio di noi perché ha investito nel solare e nell'eolico), ovvero la mancanza di fonti di energia a basso costo nel nostro paese, a causa dei pochi o nulli investimenti statali o privati nelle energie alternative, che ci costringe ad acquistare energia dall'estero e quindi ad importare sempre più, soprattutto quando le imprese cercano di aumentare la produzione per tentare di esportare, contribuendo a rendere, comunque, negativa «la bilancia dei pagamenti» con l'estero. 
  • 2B4) il quarto problema di "questi ultimi 20 anni", notevole, inoltre, è certamente la ancora più accentuata arretratezza economica del mezzogiorno, palla al piede del paese, dovuta sia a pochi investimenti pubblici e privati sia a corruzione e criminalità più diffusa che nel resto del paese, a causa della politica di classi dirigenti incapaci e colluse. Il mezzogiorno è stato "terra di conquista" di settori dell'industria che hanno operato in spregio alle leggi, specialmente di quelle relative alla tutela ambientale, fidando sulla corruzione delle istituzioni locali e nazionali. Una per tutte il caso ILVA di Taranto.
Questi, quindi, sono i tanti perché di una crisi che sta attanagliando l'Italia e della quale non ne vediamo ancora la fine. Siamo in piena guerra e stiamo combattendo la battaglia per il "nostro futuro" anche se la attuale nostra tatticala austerità, iniziata con le Finanziarie di Tremonti e Berlusconi e  culminata con la "famigerata lettera" alla Troika, è più basata nel rafforzare le posizioni di difesa o nel fare ritirate strategiche, piuttosto che, con lo sviluppo, nell'andare all'attacco e nel conquistare posizioni migliori. A lungo andare questa strategia, basata sul mandare al macello la "carne da cannone" (come si diceva, una volta, della fanteria, oggi rappresentata dal ceto medio basso), salvaguardando la cosiddetta "cavalleria" e la "artiglieria" (il ceto alto e le banche), porterà solo alla distruzione del tessuto sociale della nazione e a scompensi irreversibili nella nostra economia, che potrebbero riportare indietro il nostro Paese, ai tempi bui del Medioevo, specialmente se ci affidiamo e permettiamo ancora a questi stessi  cialtroni di ripresentarsi e di autonominarsi, di nuovo, "Condottieri".
In questi "ultimi 20 anni", ormai, la guerra economica è diventata mondiale e si combatte in ogni luogo: America contro Europa; Paesi del Nord contro Paesi del Sud; Occidente contro Oriente; Egoismo contro Solidarietà.
In alcune fasi sembra si stia riproponendo la "Guerra dei trent'anni" tra il mondo germanico del Nord Europa, protestante, e il mondo cattolico del Sud Europa!

Siamo, con ciò, arrivati all'avvento di Monti e alla "ammucchiata" che lo sostiene, e di questo ne parleremo nel prossimo Post!

un abbraccio

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mercoledì 15 agosto 2012

SOLO IL TEMPO DIRÀ....

Care amiche e cari amici,

Oggi è ferragosto e la maggior parte degli italiani sta approfittando, di questa giornata di ferie, per ritemprare il corpo e lo spirito, con ore di meritato riposo.
In questo giorno, credo, sia gradito uno spunto di riflessione inviatoci da un meraviglioso amico, più volte frequentatore del "nostro luogo della mente e del cuore" che è il nostro "Caffè", il quale viene arricchito, spesso, da questi interventi preziosi e per i quali, non so perché, il caffè  diventa più buono e la rosa più profumata.
Oggi, nel nostro Caffè Letterario, è ospite gradito il nostro amico Lupo di Talos che vi ha voluto omaggiare di una sua particolare visione personale della vita; visione molto forte e solidale, che, però, per la verità, non è proprio originale in quanto lo è stata anche di molte persone, in periodi particolari  e bui, durante i quali era, addirittura, in gioco la loro stessa ragione di vita. Comunque, in tempi come questi dominati dall'egoismo, chissà che non faccia riflettere anche i nostri governanti Europei che stanno conducendo Politiche al "massacro".

Vi riporto il testo inviatomi:


Cari lupi, il nostro sfortunato paese è pieno di eroi: tutti quelli del ceto medio basso, vittime sacrificali sull'altare di una Unione Europea mal concepita perché basata solo sul mercato e dominata dalla finanza. Non vi è traccia in essa, infatti, di quell'Umanesimo, che, di solito si evidenzia, in massima parte, con principi quali la solidarietà, l'unione di intenti e la coerenza.
In particolare, noi dell'Italia, abbiamo un freddo burocrate, proveniente dalla Scuola del Gota della Finanza Anglosassone, dove non si insegna il rispetto per il prossimo, bensì solo il rispetto del Capitale e del rigore finanziario.
Con quali basi, quindi, se i presupposti sono questi, può crescere una Unione così?
Si criticò l'Inghilterra a suo tempo per non essere entrata nella moneta unica; ora credo sia chiaro il perché!
A ben vedere, coloro che promuovono la finanza d'assalto si sono ben guardati dal prestarsi a questo gioco al massacro sull'Euro, perché di questo si tratta: un gioco! Le quotazioni in borsa, infatti, oggi vanno su, domani vanno giù, manovrate da spericolati speculatori che non si chiedono che fine faranno le imprese commerciali che sono a base dei Titoli che loro si scambiano con tanta velocità. A loro non interessa se le loro azioni si ripercuotono o meno sul mondo della economia reale e creano fallimenti e disoccupazione; a loro interessa solo accumulare ricchezze!
Chi mi conosce sa che io non amo il denaro e di conseguenza lui non ama me, essendo un minimalista, e mi accontento di quel tanto da vivere anche se, per carità, non mi manca nulla; non amo, perciò, il superfluo, a differenza di altri, per i quali il superfluo diventa la parte più essenziale della propria vita.
La riflessione che ne consegue, che ne è anche la chiave per far sì che noi e la nostra intera collettività viviamo meglio, è : cambiare il nostro modo di intendere la vita!
Dovremmo, infatti, evitare assolutamente tutti gli sprechi immondi di risorse provocati dai politici e non solo da loro! Tali risorse, a ben vedere, se fossero usate nel modo corretto, renderebbero il nostro paese un faro di civiltà!
Invece, ad esempio, in ospedale, vedo barelle  là dove dovrebbe esserci un corridoio libero; vedo vecchi dichiarati inutili e per questo sacrificabili; vedo, addirittura, folle di operai diventati solo “numeri” inseriti, in un registro di contabilità, alla voce “perdite”. Eppure essi non sono“perdite”, ma uomini con sentimenti e con figli e mogli, per di più, impauriti a causa del futuro incerto della loro esistenza.
Stamane ho incontrato una donna  triste e mi ha confidato che il suo compagno di una vita si e lasciato morire lentamente perchè, diceva, “da troppo tempo non porto il pane a casa!”
A fronte di tutto ciò, poi, sento economisti che scrivono anche sui social network che dichiarano di avere ricette infallibili per risolvere la crisi del sistema; ricette che, ad approfondire, sono, a mio giudizio, solo “criminali” perché, di solito, basate su sacrifici e infelicità.
Mi chiedo: cosi è che si risolvono le crisi, oppure esse si risolvono cambiando il nostro modo di vivere?
Il Capitalismo ha fallito! 
Il Comunismo ha fallito! 
Il Socialismo ha fallito! 
Se tutti questi sistemi sociali non hanno più sbocchi a causa del DENARO, allora il passo giusto è abolire  il problema alla radice, cioè abolire IL DENARO, o meglio quello che permette al DENARO di diventare Capitale di accumulo, tale da poter essere impiegato in modo usuraio. 
Il DENARO deve tornare ad essere quello per cui è stato creato: un "mezzo" di scambio per acquisire "ricchezza" e non deve essere la ricchezza stessa. Il possessore di ricchezza, una volta, infatti, si identificava con il proprietario terriero, o di immobili, o di aziende produttive ben radicate nel tessuto sociale e nazionale. Oggi quella figura è offuscata nell'immaginario collettivo dal detentore di denaro: dal finanziere, dal manager di successo, dal giocoliere delle Borse, dalle multinazionali che acquistano e vendono — valuta, azioni, aziende — con estrema disinvoltura e velocità. Ed è questa l'aberrazione in cui si trova il mondo a causa dell'uso distorto del DENARO.
Detto così, potrebbe sembrare un discorso qualunquistico e utopico,  invece, potrebbe essere fattibile, perché se ogni Stato usasse le sue risorse esclusivamente per la crescita reale e non per sprecarle o farne oggetto di speculazione,  il denaro che si userebbe sarebbe soltanto virtuale e servirebbe solo a promuovere lo sviluppo di aree  che sono in grado di produrre benessere  per tutta la comunità.
Certo non è una cosa facile! Vi sarebbero  molte teste da convincere  ma diventerebbe fattibile se noi conformassimo la nostra attività di vita sullo stile dei vecchi “kibbutz” israeliani, cioè vivendo  tutti uniti per il benessere della comunità. 
La vita nei Kibbutz è stata, per altro, mutuata da un altro grande esempio, di “Grande Democrazia”, cioè lo stile di vita delle “Prime Comunità di Cristiani”. In entrambi i casi, tali stili di vita sono stati applicati in momenti di grande emergenza, in momenti in cui, addirittura, era in gioco la sopravvivenza stessa della Comunità e, se guardiamo bene, hanno funzionato egregiamente e hanno funzionato senza circolazione del DENARO al loro interno!
Mi direte che questi sono i sogni utopistici di un vecchio liberale che, a volte, guardando oltre la siepe, vede e considera "semplici" le cose che a molti appaiono invece "impossibili".
Mi aspetto anche che la mia riflessione da parte di chi la leggerà, possa essere bollata come irrealistica,  ma sono altresì convinto che "solo il tempo dirà se io avevo torto", come spesso accade nella vicende umane.


Con l'affetto e la stima di sempre (LUPODITALOS)



BUON FERRAGOSTO DA "UN CAFFÈ DA GRAZIELLA"

mercoledì 8 agosto 2012

I TANTI PERCHÉ' DI UNA CRISI. DAGLI ANNI 70' AGLI ANNI 90'

Care amiche e cari amici,

un buon caffè è quello che ci vuole, in un ambiente profumato di rose, per capire i perchè di una crisi che ha coinvolto una Italia che, sostanzialmente, a livello di risparmio privato, è sempre stata una «formichina». 
La nostra, infatti, è una crisi innescata non dal debito privato, come è accaduto nella Islanda, ma dalla combinazione letale tra deficit (debito pubblico) che cresce e PIL che decresce. Infatti, dopo il "Decreto salva Italia" di Monti, che affrontava il problema del contenimento del debito pubblico, il "Decreto sullo Sviluppo", approvato di recente, pone l'accento sui rimedi da attuare per  far aumentare il PIL e sconfiggere, quindi, la forte recessione. E' di oggi la notizia che il PIL si attesta al -2,5% a base annua.

Nel post «Non era colpa mia» ci eravamo lasciati con la impennata dello Spread, nella estate 2011, a cui era seguìto tutto quello che conosciamo: dalle misure del governo Berlusconi, alle sue dimissioni e alla nascita del governo dei tecnici di Monti. Ai tecnici l'Europa chiese subito di adottare non soltanto misure immediate per bloccare la emorragia, ma anche di affrontare altri problemi antichi che, si riteneva, la politica non fosse in grado, nella situazione in cui si era trovata nella legislazione precedente, cioè col governo Berlusconi, di risolvere. 
Per iniziare il nostro ragionamento, chiediamoci: «Come mai avevamo e abbiamo ancora  problemi, visto che, negli anni 50' e 60' della guerra fredda, eravamo noi «la Cina del mondo», cioè quella che produceva a basso costo ed esportava tantissimo, quella che aveva creato quel miracolo economico che aveva sbalordito tutti e che oggi fa ancora parte del G8? L'Italia, infatti, è ancora a pieno titolo, uno degli otto paesi più industrializzati del mondo»
Il sorgere e l'aggravarsi dei nostri problemi attraversa due fasi temporali: la prima che va dagli anni 70' fino agli anni 90', la seconda che va dagli anni 90' ad oggi.


DAGLI ANNI 70' FINO AGLI ANNI 90'.
Infatti i problemi dell'Italia hanno radici lontane nel tempo, e, volendo riassumere le principali ragioni che stanno alla base della bassa crescita e i problemi che poi l'italia si è trovata ad affrontare, nella crisi, possiamo cominciare ad evidenziare i primi tre punti

1) Il primo punto riguarda la politica antinflazionistica che l'Italia ha eseguito fin dai lontani anni 80. In quell'epoca, l'italia veniva dagli anni settanta di altissima inflazione (crisi petrolifera) e c'era, quindi, il problema di volere arrivare ad un regime di tassi di cambio stabili con il resto delle monete dell'europa. Questo tentativo di difendere il cambio fisso, specialmente con la Germania (sempre la stessa) e di conseguire, quindi, una politica di disinflazione, ha comportato che il servizio del debito, quello che noi, cioè, dobbiamo pagare in termini di interesse sul debito pubblico, diventasse molto alto. Negli anni 83-87 ("era" Craxi), il debito pubblico passò da 234 a 522 miliardi di euro (dati valuta 2006) e il rapporto fra debito pubblico e PIL passò dal 70% al 93%.


2) Il secondo punto, nonché fattore di crisi e di ritardo della crescita, va ricercato, sempre  negli anni 80, in italia così come in Europa, quando si sono cominciati a mettere in atto gradualmente misure di deregolamentazione del mercato del lavoro, rendendolo particolarmente flessibile . 



Questa deregolamentazione ha prodotto due effetti:

2.1) il primo effetto, quello, cioè, di liberalizzare l'entrata e l'uscita dal mondo del lavoro, ha reso più facile solo i licenziamenti, ma non le assunzioni, come, invece, si diceva; da allora, infatti, divenne più facile essere licenziati che essere assunti.

2.2) il secondo effetto è quello sui salari; i giovani, da allora, non solo entravano nel mercato del lavoro con contratti atipici, ma anche con salari sempre più bassi
E, come se non bastasse, tutto ciò ha portato anche ad un altro aspetto più deleterio di questo, da cui, appunto, prendiamo gli elementi dei veri motivi che hanno determinato la nostra scarsa crescita, da quegli anni fino ad oggi. 
Le imprese, ricorrendo sempre più al lavoro a basso costo, rappresentato dai giovani (laureati o no) che volevano lavorare, a qualunque condizione, hanno privilegiato,   tecniche ad alta intensità di lavoro e hanno fatto sempre meno ricorso a investimenti su prodotti nuovi e innovativi, e soprattutto al minor sviluppo di alte tecnologie nella produzione.
Questa scelta della «via bassa» sul lavoro, si è tradotta, in Italia, in un minore tasso di crescita della produttività e della qualità del prodotto. 
Mentre, al contrario delle nostre, moltissime industrie europee, asiatiche e americane, investendo capitali e assumendo personale sempre più specializzato, furono in grado di usare tecnologie produttive all'avanguardia, quali, ad esempio, la robotizzazione. Questo fece sì che esse conseguissero sia una produzione di qualità, sia una produzione di maggior quantità, per cui immettevano sul mercato prodotti di altissima qualità e a minor prezzo rispetto alle industrie italiane poco innovative. Le industrie italiane persero, per questo fatto, importanti pezzi del mercato perché non erano più concorrenziali.


La filosofia industriale di puntare, inoltre, su manufatti, prodotti da forza di lavoro non specializzata ma a basso costo,  fece sì che le grandi industrie Italiane non investissero in nuovi prodotti innovativi, come quelli dei settori della energia rinnovabile, della chimica avanzata, della informatica, della elettronica avanzata etc. Il tragico è, che famiglie operaie , addossandosi sacrifici enormi, facevano pressione sui figli affinché si laureassero, facessero dei master o facessero dottorati di ricerca, per poi vederli lavorare, da laureati, (se tutto andava bene), nella loro stessa mansione. 
Da allora perciò cominciò la fuga dei cervelli all'estero!
Ma come è stato possibile che si arrivasse a tanta miopia
Hanno contribuito, in effetti, sia le scarse capacità del management industriale, sia la mancanza di concorrenza, in quanto le nostre grandi industrie hanno operato, per lunghissimo tempo, in un mercato "protetto"  e, per di più, con assetti societari monopolistici, di proprietà sempre delle stesse famiglie di imprenditori. 
Nella industria privata, infatti, le politiche di fusione hanno rappresentato la principale pecca della grande impresa, la quale era, infatti, organizzata sotto forma di gruppi gerarchici al cui vertice veniva collocata una società di Holding, le cui partecipazioni erano, però, controllate sia da famiglie sia da gruppi o società amiche. Esempi di queste concentrazioni erano i grandi oligopoli nelle mani di poche famiglie (Agnelli, Falck, Piaggio, Pirelli). Questo ha determinato un notevole grado di interdipendenza che induceva ad un comportamento collusivo. La scarsità di concorrenza implicò, per l'Italia, quindi, scarso sviluppo. 
Ad esempio, anche quando ci fu l'espansione dei mercati e della grande produzione di beni di consumo, dopo la caduta del muro di Berlino, l'Industria Privata Italiana non colse l'occasione, perché soddisfatta dallo sfruttamento delle posizioni di monopolio, in conseguenza anche di atteggiamenti spesso poco onesti da parte dei gestori delle imprese. Questo produsse disinteresse, da parte dei proprietari, ad investire in innovazione e nel miglioramento dell'efficienza, paghi, ormai, di essere in un contesto apparentemente privilegiato, caratterizzato dall'assenza o dalla scarsità di concorrenza. Inoltre lo Stato, da loro, veniva usato, grazie a connivenze politiche, come una specie di assicurazione contro le "perdite", che, infatti,  quando c'erano, venivano "socializzate" e scaricate sul contribuente, al contrario dei profitti che invece venivano incamerati e usati nel campo della finanza speculativa oppure venivano imboscati in Svizzera. Questo, a lungo andare, ha depauperato la nostra Nazione, sia in termini di scarsi capitali nella finanza produttiva, sia in termini di forza lavoro specializzata o laureata che, o era costretta ad emigrare o era sottoccupata.
Passando ora ad esaminare la Industria Pubblica, la situazione non è migliore, perché, essendo amministrata da una complessa burocrazia, essa, dopo la parentesi Mattei, conseguì, come risultati, solo bilanci in rosso, cominciando ad indebitarsi e a ricorrere massicciamente al denaro pubblico. 
L'idea di innovare non era, comunque, compresa nei suoi piani di sviluppo o di salvataggio. 
Negli anni novanta, dopo una fallita ristrutturazione, col divieto da parte dell'Europa all'uso di sovvenzioni statali, la nostra industria pubblica, parte fu privatizzata, e parte messa in liquidazione. 
In conclusione, l’Italia, per tali scelte scellerate,  è rimasta, quindi, sempre ancorata ai settori tradizionali di base, con produzioni qualitativamente e quantitativamente scarse, non essendoci stati, appunto, investimenti nei settori a più alto contenuto tecnologico e di ricerca e di sviluppo. Perciò, nel momento in cui, il "fattore" (cioè, la relativa economicità della forza-lavoro italiana), che aveva fatto crescere la nostra imprenditoria negli anni del boom, aveva perso, per la concorrenza di nazioni emergenti, la sua potenzialità,  e, nel momento in cui non c'erano stati investimenti compensativi nei settori innovativi che le avrebbero conferito nuovi durevoli benefici, cominciarono a diminuire drasticamente le nostre esportazioni, con conseguente disavanzo della bilancia dei pagamenti con l'estero. Importavamo più di quanto esportavamo e i nostri prodotti erano sempre più cari. Il nostro PIL cominciò a rallentare, al contrario del debito pubblico che saliva per garantire servizi sociali per altro scadenti.

Tale politica industriale, basata sia su tecnologie sia su prodotti innovativi, invece, fu fatta dalla Germania e da tutti i Paesi del Nord Europa, permettendo loro di poter competere sul mercato mondiale, non su bassi costi del lavoro ma sull'alta qualità del lavoro stesso. 
Questo è, quindi, l'attuale vero GAP che ci divide dalla Germania e dai "falchi" del Nord europa, e non tanto lo Spread, che ne è una conseguenza derivante anche da altri fattori.
L'economia  italiana e il suo PIL, per lungo tempo, è stata salvata dalla piccola e media impresa (PMI), molto numerosa nel nostro paese, che ha operato, invece, sempre nei settori innovativi e con tecnologie di produzione anche esse innovative, e ha retto fino a che non vi è stata la"globalizzazione del mercato", come vedremo in seguito.

3) il terzo punto è un pò più particolare e riguarda l'aspetto dello Stato Sociale Italiano
L'Italia è arrivata tardi, come molti paesi mediterranei, nel porsi il problema dello «Stato Sociale»; il che vuol dire: riforme della sanità, delle pensioni, della previdenza e, soprattutto, dei servizi sociali. Inoltre, quando ci è arrivata, ha creato uno «Stato Sociale» fortemente sperequato che garantiva esclusivamente le famiglie che avevano un rappresentante nel mercato del lavoro, lasciando fuori di esso i giovani e le donne.
La incapacità di sviluppare uno «Stato Sociale Avanzato», come hanno fatto i Paesi dell'Europa del Nord, si è tradotto, anche esso, in un ritardo nella crescita, perchè, nella misura in cui la popolazione italiana invecchiava, nella misura in cui le famiglie diventavano sempre più mononucleari e non più patriarcali o plurireddito, cioè, con un figlio, massimo due, sempre di più la donna aveva la necessità di entrare nel mercato del lavoro, per avere due redditi in famiglia, onde poter sbarcare al meglio il lunario. 
La carenza di servizi è sempre stata, perciò, un problema molto serio per poter continuare a far sviluppare il reddito. Questa realtà pone un problema di insostenibilità stessa del modello di sviluppo, nel senso che, se l'invecchiamento della popolazione richiede un aumento alla partecipazione al mercato del lavoro delle donne, esse, però, trovano un ostacolo dal fatto che non possono stare simultaneamente nel mercato del lavoro e anche fornire quei servizi che lo Stato non dà alla famiglia, come asili nido, assistenza domiciliare agli anziani, etc., a costi contenuti. Questo ha fatto sì che moltissime famiglie siano rimaste monoreddito, a scapito della produttività e del PIL.

Siamo con ciò arrivati all' era Berlusconi, e ai danni che la sua politica ha prodotto per quasi venti anni. Ma ne parleremo nel prossimo Post.

Un abbraccio.

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