mercoledì 23 novembre 2011

Estate Romana il blues di J.W. Williams

Care amiche e cari amici,
le giornate sono ormai piovose, e fa sempre più freddo, per cui è bello rifugiarci nel solito tavolino del “caffè da Graziella”, davanti ad una bella tazza di caffè all’americana, lungo, ma gradevole, e davanti ai colori di una bellissima rosa rossa, striata di bianco.
E’ in questi momenti che, raccogliendo le idee, riemergono i ricordi, magari per poterli condividere con persone care come voi.
In questo momento mi sovviene una delle tante serate vissute a Roma, nel mio girovagare in questa bellissima città. La serata faceva parte di quell’evento meraviglioso che è l’estate romana.
Ve la voglio raccontare per condividere con voi le emozioni che ha suscitato in me un grande artista e la sua musica blues.
Parlo di J.W. Williams, cantante e bassista, che si è esibito nella meravigliosa scena del parco di Villa Celimontana.
Questo artista proviene da Chicago ed onora la prestigiosa scuola di quella città.
La sua musica copre diversi generi: il blues classico, il funky e il soul.  
Vediamo velocemente i tratti di questi tre stili di blues.
Il blues classico, ha, alla sua radice, il folk nero che, a sua volta, viene diviso in due filoni:
  • quello dei canti  degli schiavi nelle campagne del Sud degli States, i worksong, che parlano di sudore, di fatica nei campi di cotone e delle condizioni di vita di quelle povere anime, prima della loro liberazione dalla condizione di schiavitù; ( leggetevi la "capanna dello zio Tom" di Stowe, e rivedetevi il film " Via Col vento")
  • quello religioso, in forma corale con solista, struttura tipica denominata di “ domanda e risposta” che parla di Vangelo, che, è, a sua volta, erede degli “spirituals” e che, in seguito, inurbandosi, si trasformerà chiamandosi "gospel".
Il blues, si afferma negli anni ‘20 del ventesimo secolo,  e diventerà, prevalentemente, musica profana. Sarà:
  • musica di vita, diretta e cruda che viene raccontata senza pudore e senza idealismi, in cui l’amore è solo sesso, la morte è solo la fine della vita, e i racconti parlano: di carceri ( destino ineluttabile per i poveri), di treni (mezzi che portano da una città all’altra, che rappresentano la libertà), di campi e di ghetti, di bar ( l’alcoolismo diventa sia una sfida alla vita sia un castigo perpetuo), di strade polverose e di paesi diroccati. (Leggetevi i libri di William Faulkner, in cui questo mondo viene descritto con grande realismo ).
  • musica esistenziale perché basata su stati di animo ora esultanti ora afflitti;
  • musica sociale, che descrive la condizione da sfruttati e da emarginati del proletariato rurale ma anche di quello urbano che si è trasferito nelle grandi città alla ricerca di un lavoro che poi è altrettanto duro e alienante. Ma c’è qualcosa di diverso da quello precedente, dei campi di cotone del Sud del 1800, ora, infatti, esso è svolto non più in condizione di schiavitù. Il nero è diventato un uomo libero ed è libero soprattutto di scegliere, anche se il segregazionismo fino agli anni '60 del XX secolo ha prodotto guasti notevoli sia ai neri che a tutta la società americana ( leggetevi il romanzo di Harper Lee: il buio oltre la siepe)!
Il nero, però, non più schiavo, e non più a contatto con la sua gente, non partecipando alle cerimonie corali di un tempo, diventerà sempre più solo, in una società che lo rifiuta, e perderà i suoi punti di riferimento, diventando, con ciò, rassegnato e depresso!
Il nuovo Blues riflette questa condizione, e nei testi, esplicita questo stato d’animo depresso (il soul).
I testi, infatti, diventano monologhi recitati da un individuo che si interroga, in solitudine, sul proprio destino, visto, però, in chiave esclusivamente materialistica, in cui la musica diventa il suo unico conforto e sfogo. 
Per questo, la musica profana, ormai, non viene più eseguita in coro, come nel blues classico, ma è svolta da un singolo artista che comunica la sua solitudine ed i suoi interrogativi, esprimendosi con strumenti poveri quali la chitarra acustica e l’armonica.
Il blues, poi, nella tecnica musicale, diventa: emotività, metafora e soprattutto ritmo, diventa, cioè,  improvvisazione!
Esso rappresenta, quindi, una novità nel panorama musicale; novità che si contrappone allo stile formale della musica occidentale, fatta, invece, di regole e schemi rigidi.
Il bluesman, però, rivela anche una doppia anima!
Infatti, oltre a messaggi di solitudine, spesso, infarcisce i propri testi anche con il “doppio senso”, retaggio di secoli di oppressione, che pur apparendo, ad un esame superficiale, come un linguaggio sarcastico e ambiguo, invece, è solo una specie di messaggio cifrato che egli scambia con i suoi amici, e in cui espone temi di protesta sociale o di intrattenimento ironico, proibiti dalla società bianca.  In questo caso egli usa uno stile musicale rude, libero da sofisticazioni e da inibizioni. ( funky)
Il blues, nel tempo, trova nuove strade espressive e trova nuovi stili, ma io non ne voglio fare la storia (se ne avete voglia, seguite: il ragtime, il jug, il barrehlhouse, il voodoo, il gospel, il Dixie, il blues di Storyville, quello di Kansas city, quello di Memphis, il rhytm and blues, il blues di Chicago, quello di Detroit, la contaminazione; sarà sicuramente una splendida avventura), mi interessa, al più, solo il contesto in cui esso sviluppa la sua dirompente forza creativa.
Il blues, infatti, come avete visto nell'elenco dei diversi stili, si inurba ma rimane anche nelle campagne, e la differenza di vita delle due realtà ne differenzia la espressività.

Parlando del nostro artista, la musica di J.W. Williams, pur nelle sue tre scelte stilistiche, è soprattutto blues urbano che nasce nel South Side, il ghetto nero di Chicago e risente, perciò, dei ritmi e delle tensioni della vita cittadina per cui diventa più agile e violento rispetto al blues lento e gioioso delle campagne ( country blues).
Il blues in città acquista un ritmo nervoso!
A Chicago, poi, avviene la trasformazione radicale del blues che, da musica cantata da un single accompagnato da un solo strumento, la chitarra o l’armonica, diventa più musica di gruppo, e gli strumenti, di solito, sono: il basso, la chitarra, la batteria, l'armonica e il piano.
Del resto, in città,  il blues entra nei locali notturni e diventa spettacolo a cui assiste non solo il popolo nero ma anche il bianco, che lo scopre e lo apprezza, facendolo diventare fenomeno di massa.
Il blues diventa musica colta e popolare e, tramite i dischi ed i media, diventa un fenomeno mondiale.  
In questo tipo di musica la sonorità timbrica dei singoli strumenti e del suo insieme, dà particolare risalto a questo genere musicale, che, affermandosi,  riesce a stravolgere non solo il rigido schematismo della musica occidentale,  ma ne contamina  anche lo spirito. 
Esempi importanti sono Gershwin ( Rapsodia in blue) e Dvorak ( Sinfonia dal Nuovo Mondo) e molti altri, che attingono, infatti, a piene mani nel blues e alle sue sonorità.
Che cammino ha compiuto il blues! E' partito dai cori nei campi di lavoro, nei capannoni delle piantagioni o nelle chiese; è passato lungo le strade polverose del sud, quando poveri straccioni neri sbarcavano il lunario, suonando dietro ad un carro che vendeva medicine, cercando di attirare il pubblico; è approdato nei locali cittadini davanti ad un pubblico, non più solo nero; si è diffuso nel mondo con i media; è diventato, infine, genere musicale di pari dignità con la musica colta occidentale che, per altro, ha rinvigorito, contaminandola.
Basso, chitarra, batteria e piano è ovviamente la composizione della band che si è esibita a Villa Celimontana.
Particolare menzione vorrei fare di ognuno dei singoli componenti la band,  la cui vita artistica, potrebbe riempire numerose pagine di critica musicale.
Oltre al basso di J. W. Williams, avevamo: alla chitarra, Luca Giordano, alle tastiere, Fabrizio Ginobile e alla Batteria, Fabio Colella.
Nel corso della serata questi grandi artisti hanno comunicato meravigliose emozioni sia per il "fraseggio musicale" che ognuno di loro ha scambiato con gli altri strumentisti sia per la loro personale grande capacità tecnica che hanno espresso in applauditi “assoli” che hanno ulteriormente esaltato la vena, in parte melanconica, in parte irriverente, in parte gioiosa di quel grande artista che è J.W. Williams.
Unica nota stonata della serata è stata la presenza, tra il pubblico, di un gruppo di cosiddetti “giovani cultori”, che per gustare una musica che, tutto sommato, scende nel profondo dell’anima e quindi ha bisogno solo di raccoglimento, ha sentito, invece, la necessità di accompagnare lo spettacolo, con fischi, battimani, e di scandire il ritmo con il battito dei piedi sulla pedana di legno della gradinata, disturbando, per esibizionismo, momenti veramente magici in cui l’unico organo che avrebbe dovuto battere sarebbe dovuto essere: il cuore.
Non è la prima volta che assisto a tale tipo di maleducazione che viene, però, definita negli ambienti cosiddetti "a la page":cultura”! No comment!

Nel web troverete una ricca collezione di brani eseguiti dal nostro artista.
Comunque, con la mia macchinetta fotografica ho registrato qualche brano che, anche se imperfetto, permette anche a voi di partecipare alle emozioni della serata. Divertitevi a riconoscere i vari stili di Jazz dei brani sottostanti.












Arrivederci a presto con un altro racconto.

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